TREVISO Responsabilità professionale – Struttura – Ospedaliera – Contratto

 

Ne consegue una somma complessiva liquidabile a favore di Pi.Pa. di Euro 180.950,00 da cui va detratta l’incidenza causale imputabile alla condizione patologica pregressa della congiunta, nella misura sopra indicata e quindi la convenuta, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, va condannata a pagare a parte attrice la somma di Euro 90.475,00.

Ne consegue una somma complessiva liquidabile a favore di Pi.Pa. di Euro 180.950,00 da cui va detratta l’incidenza causale imputabile alla condizione patologica pregressa della congiunta, nella misura sopra indicata e quindi la convenuta, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, va condannata a pagare a parte attrice la somma di Euro 90.475,00.

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CONVIVENTI BOLOGNA

RESPONSABILITA’ DANNO MEDICO TREVISO Responsabilità professionale – Struttura – Ospedaliera – Contratto

RESPONSABILITA’ DANNO MEDICO TREVISO Responsabilità professionale – Struttura – Ospedaliera – Contratto

RESPONSABILITA’ DANNO MEDICO TREVISO Responsabilità professionale – Struttura – Ospedaliera – Contratto

RESPONSABILITA’ DANNO MEDICO TREVISO Responsabilità professionale – Struttura – Ospedaliera – Contratto

RESPONSABILITA’ DANNO MEDICO TREVISO Responsabilità professionale – Struttura – Ospedaliera – Contratto

Data per conosciuta la domanda dedotte dagli attori, la difesa articolata dalla convenuta, osserva: la dinamica del sinistro così come prospettata dagli attori, ha trovato conferma a seguito delle risultanze acquisite in corso di causa, la teste Po.Ma. della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare attesa la sua terzietà, ha precisato che il giorno 17.5.2008 mentre si trovava presso il nosocomio di Treviso per prestare le sue funzioni di badante alla paziente compagna di stanza e vicina di letto di Sq.Ma., rispettivamente madre e nonna degli attori, poteva osservare che quest’ultima dopo essere stata lavata dagli infermieri addetti al reparto, veniva fatta sedere su di una sedia vicino al tavolo presente nella stanza, senza un apparente motivo posto che non era ancora ora di cena, essendo solo le ore 17; che dovendo poi occuparsi della paziente per la cui assistenza la teste era stata incaricata, la medesima veniva fatta uscire dalla stanza e al suo rientro notava che la Sq. usciva dal bagno deambulando con un bastone, cadendo a terra e su consiglio di una terza persona accorsa

nella stanza, veniva avvisato il personale infermieristico che provvedeva a rimettere la paziente a letto, alzando le relative spondine. La deposizione della teste che collima con le dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni, ha ribadito di non aver accompagnato la Sq. in bagno e la lesione riportata dalla stessa è compatibile con tale caduta.

La diversa versione fornita dalla convenuta non ha trovato adeguata conferma probatoria sia perché quella contenuta nel diario infermieristico non corrisponde a quella indicata nel diario medico (cfr. pag.20 elaborato peritale), sia perché la teste Sc.Ri., infermiera in servizio che ha provveduto a sistemare la paziente sulla sedia, nulla ha saputo riferire sulla dinamica della caduta essendo intervenuta quando la Sq. era terra tra il letto e l’armadio. Inoltre, il suo riferito è piuttosto contraddittorio: ha negato che quest’ultima utilizzasse un bastone la cui sussistenza ed impiego per deambulare è invece indicato anche nella cartella clinica e, inoltre, solo sentita a prova contraria indiretta dell’11.9.2013, ha avuto modo di specificare che la Sq. non era seduta su di una sedia ma su una poltrona munita di braccioli, mentre le asserite informazioni rese dalla badante che sarebbe stata lei ad aiutare la predetta Sq. a recarsi in bagno e ad aiutarla ad alzarsi, sono de relato e quindi non valorizzabili, ma soprattutto contraddette dalla teste oculare Po. che in sede di sommarie informazioni non aveva alcuna apparente ragione per riferire qualcosa di diverso dal vero, non essendo neppure stata ipotizzata una sua possibile responsabilità. Ciò chiarito, è evidente la responsabilità della struttura ospedaliera, infatti, è notorio che il contratto che intercorre tra la stessa e il paziente è fondato sul “contatto sociale” che ha natura contrattuale (cfr. Cass. SSUU 11 gennaio 2008 n. 577).

MALASANITA-AVVOCATO-ESPERTO-1

MALASANITA’ AVVOCATO ESPERTO

 

Tribunale|Treviso|Sezione 1|Civile|Sentenza|14 luglio 2016| n. 1884

Responsabilità professionale – Struttura – Ospedaliera – Contratto – Paziente – Obbligo – Assistenza – Medica – Protezione – Persona – Obblighi – Accessori

REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE DI TREVISO

I SEZIONE CIVILE

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale in composizione monocratica nella persona del giudice Dott.ssa Daniela Ronzani ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 807/013 di ruolo generale dell’anno 2013 del Tribunale di Treviso e promossa

DA

PI.PA., PI.MA., PI.MI., con gli avv.ti Ad.Ba. e So.Ma. e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Treviso come da mandato a margine dell’atto di citazione.

– ATTORI –

CONTRO

AZIENDA U.L.S.S. n. (…) in persona Direttore e legale rappresentante pro tempore, con l’avv.to Pi.Pi. domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Treviso come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta.

– CONVENUTO –

OGGETTO: Responsabilità professionale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

ex art. 132 c.p.c. così come modificato dalla L. n.69 del 18.6.2009

Data per conosciuta la domanda dedotte dagli attori, la difesa articolata dalla convenuta, osserva: la dinamica del sinistro così come prospettata dagli attori, ha trovato conferma a seguito delle risultanze acquisite in corso di causa, la teste Po.Ma. della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare attesa la sua terzietà, ha precisato che il giorno 17.5.2008 mentre si trovava presso il nosocomio di Treviso per prestare le sue funzioni di badante alla paziente compagna di stanza e vicina di letto di Sq.Ma., rispettivamente madre e nonna degli attori, poteva osservare che quest’ultima dopo essere stata lavata dagli infermieri addetti al reparto, veniva fatta sedere su di una sedia vicino al tavolo presente nella stanza, senza un apparente motivo posto che non era ancora ora di cena, essendo solo le ore 17; che dovendo poi occuparsi della paziente per la cui assistenza la teste era stata incaricata, la medesima veniva fatta uscire dalla stanza e al suo rientro notava che la Sq. usciva dal bagno deambulando con un bastone, cadendo a terra e su consiglio di una terza persona accorsa

nella stanza, veniva avvisato il personale infermieristico che provvedeva a rimettere la paziente a letto, alzando le relative spondine. La deposizione della teste che collima con le dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni, ha ribadito di non aver accompagnato la Sq. in bagno e la lesione riportata dalla stessa è compatibile con tale caduta.

La diversa versione fornita dalla convenuta non ha trovato adeguata conferma probatoria sia perché quella contenuta nel diario infermieristico non corrisponde a quella indicata nel diario medico (cfr. pag.20 elaborato peritale), sia perché la teste Sc.Ri., infermiera in servizio che ha provveduto a sistemare la paziente sulla sedia, nulla ha saputo riferire sulla dinamica della caduta essendo intervenuta quando la Sq. era terra tra il letto e l’armadio. Inoltre, il suo riferito è piuttosto contraddittorio: ha negato che quest’ultima utilizzasse un bastone la cui sussistenza ed impiego per deambulare è invece indicato anche nella cartella clinica e, inoltre, solo sentita a prova contraria indiretta dell’11.9.2013, ha avuto modo di specificare che la Sq. non era seduta su di una sedia ma su una poltrona munita di braccioli, mentre le asserite informazioni rese dalla badante che sarebbe stata lei ad aiutare la predetta Sq. a recarsi in bagno e ad aiutarla ad alzarsi, sono de relato e quindi non valorizzabili, ma soprattutto contraddette dalla teste oculare Po. che in sede di sommarie informazioni non aveva alcuna apparente ragione per riferire qualcosa di diverso dal vero, non essendo neppure stata ipotizzata una sua possibile responsabilità. Ciò chiarito, è evidente la responsabilità della struttura ospedaliera, infatti, è notorio che il contratto che intercorre tra la stessa e il paziente è fondato sul “contatto sociale” che ha natura contrattuale (cfr. Cass. SSUU 11 gennaio 2008 n. 577).

Ne consegue che, in virtù, del contratto, la struttura deve fornire al paziente una prestazione assai articolata, definita genericamente di “assistenza sanitaria”, che ingloba al suo interno, oltre alla prestazione principale medica, anche una serie di obblighi c.d. di protezione ed accessori, tra i quali va annoverato anche quello diretto a fornire le misure necessarie alla protezione della persona e alla tutela dei suoi diritti.

Nel caso di specie è emerso che la paziente Sq. era un soggetto privo di adeguata autonomia anche motoria, essendo stata ricoverata al Pronto soccorso per astenia, iporessia, dolore persistente all’arto inferiore sinistro, “perdita della poca autonomia motoria che aveva”, necessitando, pertanto, di assistenza in senso lato ma anche controllo e vigilanza.

Del resto, è lo stesso Ctu che esaminando il dato clinico ha ritenuto la paziente soggetto ad elevato rischio di cadute, vista l’età molto avanzata e le plurime ed invalidanti comorbidità preesistenti, ravvisando per questo in capo all’ente ospedaliero una responsabilità di tipo oggettivo.

L’omessa vigilanza, certamente praticabile ed esigibile da parte della struttura ospedaliera, sarebbe bastato riposizionare la Sq. sul letto avendo l’accortezza di alzare le relative spondine per eliminare alla radice il rischio di cadute, comporta quindi una indiscussa responsabilità da parte della convenuta per la predetta caduta che ha provocato un ematoma sottocutaneo e la frattura femorale, mentre di contro, condividendo le valutazioni espresse dal perito, da intendersi qui integralmente richiamate e trascritte, va, invece, escluso qualsiasi addebito per ritardo diagnostico e nell’esecuzione dell’intervento di osteosintesi.

Tuttavia dopo 70 gg. di ospedalizzazione la paziente in data 25.7.2008, decedeva in seguito all’insorgenza di complicanze respiratorie ed infettive, il Ctu, facendo propria la valutazione espressa dal consulente del P.M. nell’ambito del procedimento penale, ha precisato come la frattura del femore abbia indotto una sindrome ipocinetica complicata da infezione respiratoria e sepsi, evolute fino allo scompenso cardiorespiratorio terminale e che, quindi, il decesso di Ma.Sq. sia dovuto ad “una sindrome da allettamento conseguente all’immobilizzazione per la frattura femorale sinistra che risulta compatibile con il meccanismo della caduta a terra sul fianco sinistro”, ritenendo che le conseguenze della frattura del femore abbiano svolto un ruolo concausale nel determinismo del decesso.

Tradotto in termini giuridici tale concetto sta a significare che se un apporto causale indiscusso va attribuito alle conseguenze lesive derivanti dalla caduta il cui evento è imputabile in termini omissivi alla convenuta, non può essere trascurata, sotto il profilo eziologico, la pregressa e grave situazione patologica della Sq. che al momento del ricovero aveva 94 anni, era affetta da ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica, pregressa neoplasia mammaria destra (2007), leucemia linfatica cronica ed arteriopatia diffusa, era portatrice di protesi d’anca destra impiantata 20 anni prima ed era stata ricoverata presso il reparto di Medicina Interna 2 dell’Ospedale di Treviso per astenia, iporessia e dolore persistente all’arto inferiore sinistro da circa 10 gg. (cfr. pag.18 dell’elaborato peritale a firma del Prof. Mo.), circostanze tutte, quali concause preesistenti, munite di una propria efficienza causale che sul piano della causalità giuridica indubbiamente hanno concorso a provocare e comunque ad accelerare l’evento letale, con una incidenza che alla stregua delle risultanze emerse ed utilizzando i criteri equitativi può essere indicata nella misura del 50% (cfr. per tutte Cass. civ. n. 15991/2011).

Ciò premesso, a favore di Pi.Pa., figlio della deceduta e in qualità di erede, può essere riconosciuto il danno iure hereditats, infatti, tale posta risarcitoria si identifica nella menomazione psicofisica patita dal soggetto leso nel lasso di tempo apprezzabile tra le lesioni colpose e la morte che viene trasferita agli eredi, nel caso di specie la Sq. ha riportato come sopra indicato, la frattura del femore con una inabilità temporanea totale di gg. di gg.55 dipendenti dalla caduta e dalle conseguenze di essa, come accertato dal Ctu.

Pertanto, a tale apprezzabile lasso di tempo che legittima la risarcibilità, va parametrata la menomazione, con commisurazione all’inabilità temporanea da adeguare alle circostanze del caso concreto, tenuto conto del fatto che detto danno, se pure temporaneo, ha raggiunto la massima entità ed intensità, senza possibilità di recupero, atteso l’esito mortale (cfr. Cass. civ. n. 22228/2014).

Alla stregua di ciò, preso atto del grave stato di sofferenza patito dalla paziente così come evincibile anche dalle prove testimoniali assunte e desumibile dalla natura della lesione e dalla tipologia di intervento subito, pare equo liquidare l’importo all’attualità di Euro 15.950,00 (Euro 290 X gg. 55).

Va, poi, liquidato il danno non patrimoniale da perdita del legame parentale e sul punto vanno utilizzate le tabelle adottate dall’Osservatorio per la giustizia civile di Milano e in vigore presso quel Tribunale, aggiornate al 2014.

Invero, le stesse paiono, non solo seguite dalla maggioranza dei Tribunali d’Italia, ma anche quelle “statisticamente maggiormente testate….indicando un criterio generale di valutazione adottabile per arrivare ad una valutazione dell’ammontare preciso del risarcimento” (cfr. Cass. civ., sez. III, n. 15760/06), inoltre, particolarmente rispondenti ai nuovi criteri risarcitori dettati dal Supremo Collegio (cfr. anche Cass. civ. 7.6.2011 n. 12408/011).

Relativamente al quantum tenuto conto dell’età anagrafica del soggetto deceduto, indiscusso e presumibile il legame affettivo tra figlio e madre, si stima equo modulare tale danno per Pi.Pa. nella somma di Euro 165.000,00.

Per Pi.Mi. e Ma., in qualità di nipoti si osserva: le tabelle di Milano di cui sopra prevedono espressamente nel caso di danno per la morte del congiunto, il risarcimento solo a favore del nonno per la perdita di un nipote e non viceversa come nel caso di specie; si aggiunga che gli attori a cui incombeva il relativo onere, nulla hanno provato ma neppure allegato e in ordine al pregresso rapporto con la nonna, la loro frequentazione, la qualità ed intensità di tale legame, eventualmente giustificato da particolari situazioni personali o soggettive, né può essere trascurata nei confronti di tali soggetti, una valutazione relativa all’anziana età della deceduta anche in termini di ragionevole sopravvivenza, l’età anagrafica degli attori quasi trentenni al momento del decesso della congiunta, ricordando sul punto l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ. n. 4253/2012 e n. 13546/2006).

Il fatto poi che i nipoti si possano essere interessati durante la degenza della salute della nonna, non è elemento sufficiente per ritenere soddisfatto il presupposto risarcitorio, mentre il capitolo di prova dedotto sul punto dagli stessi: “vero che in nipoti Pi.Mi. e Pi.Ma. avevano un rapporto quotidiano di frequentazione con la nonna paterna”, anche se eventualmente ammesso, attesa la sua genericità, nulla avrebbe aggiunto al già insufficiente quadro probatorio. Ne consegue che la domanda di questi ultimi va integralmente respinta. Relativamente al danno patrimoniale, gli attori rivendicano la rifusione delle spese funerarie senza tuttavia minimamente documentarle e in assenza del relativo riscontro di spesa, certamente producibile, la pretesa risarcitoria deve essere respinta.

Ne consegue una somma complessiva liquidabile a favore di Pi.Pa. di Euro 180.950,00 da cui va detratta l’incidenza causale imputabile alla condizione patologica pregressa della congiunta, nella misura sopra indicata e quindi la convenuta, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, va condannata a pagare a parte attrice la somma di Euro 90.475,00.

Inoltre, sulla somma indicata in dispositivo, debitamente deflazionata e successivamente rivalutate anno per anno secondo gli indici Istat del costo della vita per le famiglie degli operai ed impiegati, sono poi dovuti gli interessi non già moratori ma compensativi al tasso annuo del 3,5%, tenuto conto delle risultanze processuali e dei riferimenti storici acquisiti (cfr. Cass. sez. Un., 17.2.95 n. 1712, nonché Cass. civ. sez. III, 20.1.99), in quanto debito di valore.

Dalla data della presente sentenza al saldo effettivo sono invece dovuti gli interessi moratori al tasso legale.

Le spese di lite tenuto conto dell’esito del giudizio (parziale accoglimento della domanda attorca), vanno parzialmente compensate nei termini di cui al dispositivo.

Le spese della Ctu a firma del Prof. C. Mo., nell’importo già liquidato, vanno definitivamente poste a carico della convenuta, mentre quelle della perizia di parte a firma del Dott. F.Fe., ritenute in parte eccessive e superflue, vanno liquidate nel minor importo di Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Il Tribunale in composizione monocratica, nella causa promossa con atto di citazione, tra le parti in premessa indicate, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, eccezione e conclusione,

1) In accoglimento, per quanto di ragione, della domanda dedotta dagli attori, condanna la convenuta, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a pagare a Pi.Pa. la somma di Euro 90.475,00.

1a) Su tale importo deflazionato al momento dell’evento morte, 25.7.2008, rivalutato anno per anno secondo gli indici Istat, sono dovuti gli interessi al tasso annuo del 3,5% da tale data fino alla data della presente sentenza.

1b) Dalla data della presente sentenza al saldo effettivo sono dovuti ex art. 1282 c.c. gli interessi al tasso legale. Rigetta per il resto.

2) Liquida le spese di lite nella somma complessiva di Euro 14.124,00 di cui Euro 13.430,00 per compenso professionale oltre spese generali, Iva e cpa se dovuti per legge e condanna la convenuta, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a rifonderle all’attore nella misura di 1/2.

Compensa per la restante parte di 1/2.

3) Spese con distrazione a favore dei difensori: avv.to A.Ba. e Avv.to S.Ma. antistatari ex art. 93 c.p.c.

4) Pone le spese della Ctu a firma del Prof. C. Mo., nella somma già liquidata, definitivamente a carico della convenuta.

5) Pone le spese della Ctp a firma del Dott. F.Fe. a carico della convenuta nella misura di Euro 2.000,00.

Così deciso in Treviso il 14 luglio 2016.

Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2016.

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Originally posted 2021-08-25 18:22:33.

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