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ROVIGO PADOVA VICENZA TREVISO RESPONSABILITA’ MEDICA COLPA MEDICA MALASANITA’ AVVOCATO

appalto ocntratto 1L’avvocato esperto in malasanità: un professionista specializzato nella tutela dei diritti dei pazienti

L’avvocato esperto in malasanità è un professionista specializzato nella tutela dei diritti dei pazienti che hanno subito danni a causa di errori medici. Il suo obiettivo principale è quello di ottenere il risarcimento del danno per i pazienti che hanno subito un pregiudizio alla loro salute, sia dal punto di vista fisico che morale.

Le competenze dell’avvocato esperto in malasanità

L’avvocato esperto in malasanità deve avere una profonda conoscenza della normativa in materia di responsabilità medica, sia civile che penale. Deve inoltre avere una buona conoscenza della giurisprudenza in materia.

Le competenze specifiche dell’avvocato esperto in malasanità includono:

  • La capacità di valutare la sussistenza di un errore medico e di individuare il responsabile del danno;
  • La capacità di gestire le fasi di un processo civile o penale in materia di malasanità;
  • La capacità di relazionarsi con i medici legali e con gli altri professionisti coinvolti nella tutela dei diritti dei pazienti.

La scelta dell’avvocato esperto in malasanità

La scelta di un avvocato esperto in malasanità è fondamentale per ottenere il risarcimento del danno in caso di errore medico. È importante affidarsi a un professionista che abbia le competenze e l’esperienza necessarie per tutelare i propri diritti.

Al momento della scelta dell’avvocato esperto in malasanità, è importante valutare i seguenti fattori:

  • La competenza e l’esperienza dell’avvocato in materia di malasanità;
  • La disponibilità dell’avvocato a fornire una consulenza a un prezzo accessibile;
  • La fiducia che si ripone nell’avvocato e nella sua capacità di tutelare i propri diritti.

La tutela dei diritti dei pazienti

Il paziente ha diritto a ricevere le cure necessarie con la massima diligenza e competenza. Il paziente ha inoltre diritto ad essere informato in modo completo e comprensibile sul proprio stato di salute e sulle cure che gli vengono proposte.

In caso di errore medico, il paziente ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno. Il risarcimento del danno comprende sia i danni patrimoniali, come i costi sostenuti per le cure, la perdita di reddito, la perdita di chance, sia i danni non patrimoniali, come il dolore fisico, il dolore morale, la sofferenza psichica.

L’avvocato esperto in malasanità è il professionista che può aiutare il paziente a tutelare i propri diritti e a ottenere il risarcimento del danno.

Il ruolo dell’avvocato esperto in malasanità

L’avvocato esperto in malasanità svolge un ruolo fondamentale nella tutela dei diritti dei pazienti che hanno subito danni a causa di errori medici. Il suo intervento può contribuire a garantire che i pazienti ricevano il risarcimento del danno che meritano e che i responsabili degli errori medici siano puniti.

Il ruolo dell’avvocato esperto in malasanità può essere sintetizzato nei seguenti punti:

  • Valutazione della sussistenza di un errore medico

Il primo compito dell’avvocato esperto in malasanità è quello di valutare la sussistenza di un errore medico. Per fare ciò, l’avvocato esamina la documentazione medica del paziente, interpella i medici legali e ricostruisce la dinamica dell’evento dannoso.

  • Individuazione del responsabile del danno

Una volta accertata la sussistenza di un errore medico, l’avvocato deve individuare il responsabile del danno. Il responsabile del danno può essere il medico, la struttura sanitaria o entrambi.

  • Quantificazione del danno

L’avvocato deve quantificare il danno subito dal paziente. Il danno può essere di natura patrimoniale o non patrimoniale.

  • Gestione del processo civile o penale

Se il paziente decide di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno, l’avvocato si occupa di gestire il processo civile o penale.

  • Relazione con i medici legali

L’avvocato esperto in malasanità deve relazionarsi con i medici legali per ottenere una consulenza sulla sussistenza di un errore medico e sulla quantificazione del danno.

Conclusioni

L’avvocato esperto in malasanità è un professionista esperto nella tutela dei diritti dei pazienti che hanno subito danni a causa di errori medici. Il suo intervento può contribuire a garantire che i pazienti ricevano il risarcimento del danno che meritano e che i responsabili degli errori medici siano puniti.

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a info malasanita' danno grave

La responsabilità medica: un’introduzione

La responsabilità medica è la particolare responsabilità dei professionisti della salute per i danni derivati a un paziente a causa di errori, omissioni o violazioni degli obblighi professionali. È una forma di responsabilità civile, che prevede il risarcimento del danno ingiusto subito dal paziente.

La responsabilità medica in Italia

In Italia, la responsabilità medica è disciplinata dalla legge 24 del 3 marzo 2017, che ha introdotto importanti novità rispetto alla disciplina previgente. La legge 24/2017 prevede che la responsabilità medica sia di natura contrattuale, salvo che la prestazione sanitaria sia resa in regime di emergenza.

La responsabilità contrattuale

La responsabilità contrattuale si configura quando sussiste un contratto tra due parti, in cui una delle parti, il debitore, è obbligata a compiere una determinata prestazione a favore dell’altra parte, il creditore. Nel caso della responsabilità medica, il contratto è rappresentato dal rapporto tra il paziente e il medico o la struttura sanitaria.

I presupposti della responsabilità contrattuale

I presupposti della responsabilità contrattuale sono:

  • L’inadempimento del debitore. L’inadempimento si configura quando il debitore non adempie all’obbligazione assunta, o lo adempie in modo inesatto o in ritardo.
  • Il nesso di causalità tra l’inadempimento e il danno. Il nesso di causalità si configura quando l’inadempimento del debitore è la causa diretta e immediata del danno subito dal creditore.
  • Il danno. Il danno è la lesione di un interesse giuridicamente tutelato.

La responsabilità medica in regime di emergenza

In caso di prestazione sanitaria resa in regime di emergenza, la responsabilità medica è di natura extracontrattuale. La responsabilità extracontrattuale si configura quando sussiste un danno ingiusto subito da una persona, che è imputabile ad un’altra persona.

I presupposti della responsabilità extracontrattuale

I presupposti della responsabilità extracontrattuale sono:

  • L’illecito. L’illecito si configura quando una persona compie un’azione o un’omissione che viola un obbligo giuridico.
  • Il nesso di causalità tra l’illecito e il danno. Il nesso di causalità si configura quando l’illecito è la causa diretta e immediata del danno subito dalla vittima.
  • Il danno. Il danno è la lesione di un interesse giuridicamente tutelato.

La colpa

La colpa è un elemento essenziale della responsabilità medica, sia contrattuale che extracontrattuale. La colpa si configura quando il soggetto agente non osserva la diligenza, l’attenzione e la perizia che si richiedono in relazione alla natura dell’attività svolta.

La presunzione di colpa

La legge 24/2017 prevede una presunzione di colpa a carico del medico o della struttura sanitaria, in caso di danno alla salute del paziente. La presunzione di colpa può essere superata dal medico o dalla struttura sanitaria, dimostrando che il danno è stato causato da un fatto non imputabile a loro.

I tipi di danno

Il danno che può derivare da un errore medico può essere di natura patrimoniale o non patrimoniale.

  • Il danno patrimoniale è il danno che incide sul patrimonio del paziente, ad esempio i costi sostenuti per le cure, la perdita di reddito, la perdita di chance.
  • Il danno non patrimoniale è il danno che incide sulla persona del paziente, ad esempio il dolore fisico, il dolore morale, la sofferenza psichica.

L’azione di risarcimento del danno

Il paziente che ha subito un danno a causa di un errore medico può agire in giudizio nei confronti del medico o della struttura sanitaria per ottenere il risarcimento del danno.

L’azione di risarcimento del danno deve essere proposta entro il termine di prescrizione di cinque anni dalla data in cui il danno si è verificato.

La tutela dei diritti del paziente

Il paziente ha diritto a ricevere le cure necessarie con la massima diligenza e competenza. Il paziente ha inoltre diritto ad essere informato in modo completo e comprensibile sul proprio stato di salute e sulle cure che gli vengono proposte.

Il paziente ha inoltre diritto a partecipare alle decisioni che riguardano la sua salute.

In caso di errore medico, il paziente ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno.

La responsabilità medica nel contesto attuale

La responsabilità medica è un tema sempre attuale, a causa dell’evoluzione della medicina e della tecnologia.

ARECPUERO

Costituisce principio assolutamente consolidato che la responsabilità conseguente alla mancata ottemperanza agli obblighi informativi ha carattere contrattuale e non precontrattuale, di talché‚ a fronte dell’allegazione, da parte del paziente, dell’inadempimento di siffatti obblighi, è il medico gravato dell’onere della prova di avere adempiuto alla relativa obbligazione (Cass. civ. 27 novembre 2012, n. 20984; Cass. civ. 9 febbraio 2010, n. 2847). Altrettanto consolidata è poi la massima secondo cui detta informazione deve essere completa, senza che si possa presumere il rilascio del consenso informato sulla base delle qualità personali del paziente, potendo queste incidere unicamente sulle modalità dell’informazione, la quale deve comunque sostanziarsi in spiegazioni dettagliate e adeguate al livello culturale del destinatario (confr. Cass. civ. 11 dicembre 2013, n. 27751; Cass. civ. 20 agosto 2013, n. 19220).A113MALASANITA'ROVIGO PADOVA VICENZA TREVISO RESPONSABILITA’ MEDICA COLPA MEDICA AVVOCATO

1#FATTI RISARCIRE PER DANNO MEDICO CHE ASPETI

Esposero che i predetti professionisti, l’uno medico curante della madre, e l’altra ginecologa, nonché moglie del M., non avevano adempiuto all’obbligo di fornire ai genitori una adeguata informazione; che, in particolare, il M., pure a fronte di espressa richiesta di rilascio di impegnativa per amniocentesi o per ulteriori o differenti esami volti a conoscere l’esistenza di anomalie o malformazioni del feto, aveva escluso la necessità che la gestante vi si sottoponesse, in ragione dei connessi rischi abortivi e in assenza di precedenti familiari; che la L., a sua volta, aveva ritenuto la richiesta tardiva, essendo stato, a suo dire, superato il termine utile alla praticabilità dell’esame, laddove, per contro, lo stesso poteva ancora essere effettuato. Sostennero, quindi, che B., che aveva all’epoca 39 anni, era stata dissuasa dal sottoporsi alle predette analisi, di talché le era stato precluso l’esercizio del diritto alla interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla L. n. 194 del 1978, artt. 6 e 7.

Costituitisi in giudizio, i convenuti contestarono le avverse pretese. La L. chiese ed ottenne di chiamare in causa Fondiaria-Sai Assicurazioni, per esserne manlevata in caso di soccombenza.

Anzitutto la ricostruzione dei fatti posta a base della domanda attrice appare incentrata più che su un comportamento omissivo dei due medici evocati in giudizio (id est, sulla mancata somministrazione, da parte degli stessi, di informazioni adeguate), su una condotta attiva dissuasiva, considerato che, secondo gli assunti attorei, la richiesta da essi rivolta al M., quale medico curante, e alla L., quale specialista in ginecologia, di rilascio di impegnativa per amniocentesi o per ulteriori o differenti esami idonei a evidenziare l’esistenza di anomalie o malformazioni del feto, avrebbe incontrato la resistenza dei due professionisti, motivata, dal primo, con la prospettazione dei rischi abortivi connessi a un accertamento particolarmente invasivo che, in mancanza di precedenti familiari, non appariva necessario, e, dalla seconda, con l’assunto dell’asserito superamento del tempo utile alla sua praticabilità

ROVIGO PADOVA VICENZA TREVISO RESPONSABILITA’ MEDICA COLPA MEDICA MALASANITA' AVVOCATO BIANCO E NERO LIBBRI

ROVIGO PADOVA VICENZA TREVISO RESPONSABILITA’ MEDICA COLPA MEDICA MALASANITA’ AVVOCATO

Il delineato contesto deduttivo di riferimento – non contestato, è il caso di precisare, dai ricorrenti – comporta l’eccentricità di buona parte delle critiche svolte in questa sede, le quali, senza troppo confrontarsi con la specificità delle deduzioni poste a base della pretesa azionata e con le argomentazioni esposte dal decidente per confutarne la fondatezza, ruotano sul tralaticio richiamo ai principi enunciati da questa Corte in punto di incidenza ed estensione degli oneri probatori in materia di consenso informato.

 

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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

Sentenza 10 ottobre 2014 – 13 febbraio 2015, n. 2847

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni B. – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27015/2013 proposto da:

B.R. (OMISSIS), R.F. (OMISSIS) entrambi personalmente e nella qualità di esercenti la patria potestà sulla figlia minore R.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OTRANTO 36, presso lo studio dell’avvocato MASSANO MARIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO CORNELIO giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

L.M.C. (OMISSIS), M.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA MAGLIANA, 256, presso lo studio dell’avvocato CANANZI RAFFAELE, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO PAVARIN giusta procura speciale in calce al controricorso;

CASA DI CURA CITTA’ DI ROVIGO (OMISSIS) in persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante MA. S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato MARCO VINCENTI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

AZIENDA UNITA’ SOCIO SANITARIA 18 DI ROVIGO FONDIARIA SAI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1275/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 01/06/2013, R.G.N. 2774/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2014 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato ENRICO CORNELIO;

udito l’Avvocato RAFFAELE CANANZI;

udito l’Avvocato GIAN MARCO SPANI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 14 giugno 2003 R.F. e B.R., in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sulla piccola A., convennero innanzi al Tribunale di Rovigo M.S., L.M.C., l’Azienda ULSS (OMISSIS) di Rovigo e la Casa di Cura Privata Città di Rovigo, per ivi sentirne accertare la responsabilità in ordine alla nascita della figlia, affetta da sindrome di Down, con conseguente condanna degli stessi al risarcimento dei danni.

Esposero che i predetti professionisti, l’uno medico curante della madre, e l’altra ginecologa, nonché moglie del M., non avevano adempiuto all’obbligo di fornire ai genitori una adeguata informazione; che, in particolare, il M., pure a fronte di espressa richiesta di rilascio di impegnativa per amniocentesi o per ulteriori o differenti esami volti a conoscere l’esistenza di anomalie o malformazioni del feto, aveva escluso la necessità che la gestante vi si sottoponesse, in ragione dei connessi rischi abortivi e in assenza di precedenti familiari; che la L., a sua volta, aveva ritenuto la richiesta tardiva, essendo stato, a suo dire, superato il termine utile alla praticabilità dell’esame, laddove, per contro, lo stesso poteva ancora essere effettuato. Sostennero, quindi, che B., che aveva all’epoca 39 anni, era stata dissuasa dal sottoporsi alle predette analisi, di talché le era stato precluso l’esercizio del diritto alla interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla L. n. 194 del 1978, artt. 6 e 7.

Costituitisi in giudizio, i convenuti contestarono le avverse pretese. La L. chiese ed ottenne di chiamare in causa Fondiaria-Sai Assicurazioni, per esserne manlevata in caso di soccombenza.

Con sentenza del 23 settembre 2008 il giudice adito rigettò la domanda. Proposto gravame dai soccombenti, la Corte d’appello di Venezia, in data 30 agosto 2013, lo ha respinto, compensando integralmente tra tutte le parti le spese di giudizio. Per la cassazione di detta decisione ricorrono a questa Corte R. F. e B.R., in proprio e nella qualità, formulando tre motivi, illustrati anche da memoria, e notificando l’atto a M.S., a L.M.C., all’Azienda Unità Socio Sanitaria di Rovigo, alla Casa di Cura Privata Città di Rovigo e a Fondiaria SAI s.p.a.

Resistono M.S. e L.M.C. nonché, con distinto controricorso, la Casa di Cura Città di Rovigo.

Motivi della decisione

1 Nel motivare il suo convincimento la Corte territoriale ha ritenuto indimostrato che il M. si fosse rifiutato di rilasciare l’impegnativa necessaria a che la gestante potesse effettuare l’amniocentesi, adducendo la superfluità di un esame che metteva in pericolo la sopravvivenza del feto. Dalle allegazione attoree e dalle risposte date dal medico nel corso del suo interrogatorio emergeva piuttosto che la questione era stata sicuramente presente nei colloqui che le parti avevano avuto al riguardo, sia pure in termini non ben definibili nel contenuto, il che consentiva di ritenere soddisfatto il dovere generico di informativa gravante sul medico di base, considerato che la B., laureata e insegnante in un liceo scientifico, per quanto da lei stessa ammesso, era stata dal M. invitata a rivolgersi a uno specialista in ginecologia.

Quanto poi alla posizione della L., ha ritenuto il decidente la sussistenza di elementi presuntivi in ordine all’adempimento dell’obbligo professionale di informare la paziente, posto che nella scheda sanitaria da questa prodotta vi era l’annotazione “colloquio amniocentesi”, con l’aggiunta, nel rigo successivo, che la gestante non l’avrebbe fatta, mentre del tutto inconsistenti erano i rilievi in ordine alla non genuinità del documento, esibito senza riserve proprio dagli istanti.

In particolare, alla luce degli elementi probatori acquisiti e in conformità al parere espresso dal c.t.u., appariva credibile che la B., al termine del colloquio, avesse manifestato di non volere effettuare l’analisi, per tutelare una gravidanza preziosa, in quanto insorta dopo 18 anni di matrimonio. Del resto lo scarso interesse per la diagnosi prenatale emergeva anche dal lungo intervallo di tempo intercorso tra l’effettuazione dell’ecografia ostetrica e la visita ginecologica, avvenuta solo alla 20^ settimana.

2.1 A fronte di tale percorso motivazionale gli impugnanti denunciano, con il primo motivo, violazione degli artt. 1218 e 2697 c.c.

Le critiche si appuntano segnatamente contro la ritenuta mancanza di competenza specialistica del dottor M. nonché contro il valore di scusante a tale carenza attribuito, senza considerare che il sanitario avrebbe dovuto avvertire la B. di essere portatrice, in ragione dell’età, di gravidanza a grave rischio per cromosopatia, a norma del decreto Bindi, indirizzando la stessa verso la villocentesi e poi verso lo screening della traslucenza nucale.

In tale contesto, e considerato che la Corte d’appello aveva dato atto della impossibilità di determinare il contenuto del colloquio informativo intercorso tra le parti, benché ben precise fossero le circostanze di cui il dottor M. avrebbe dovuto rendere edotta la gestante, la domanda doveva essere accolta.

2.2 Con il secondo mezzo i ricorrenti lamentano violazione delle medesime norme in relazione alla mancata informazione, da parte della dottoressa L., dei rischi ai quali andava incontro la paziente e della possibilità di avvalersi della amniocentesi.

Evidenziano segnatamente gli esponenti che nulla era dato sapere sul contenuto del colloquio intervenuto tra la ginecologa e la B., se non che tra le stesse si era parlato di amniocentesi, in spregio al principio per cui l’informazione del medico deve essere completa e che il relativo onere probatorio grava sul professionista.

2.3 Con il terzo motivo gli esponenti deducono violazione dell’art. 2729 c.c., in relazione alla pretesa completezza della informazione fornita dalla dottoressa L., certo essendo unicamente che, secondo la stessa, la gravidanza era ormai in una fase troppo avanzata perché potesse essere praticata l’amniocentesi, laddove il solo fatto che vi fosse stato un colloquio sul punto smentiva tale assunto. Segnatamente la Corte d’appello neppure avrebbe verificato la correttezza degli assunti del medico in ordine alla tempistica dell’accertamento, assunti che furono invece proprio quelli che trassero in inganno la B.

3 Le critiche, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono infondate.

Costituisce principio assolutamente consolidato che la responsabilità conseguente alla mancata ottemperanza agli obblighi informativi ha carattere contrattuale e non precontrattuale, di talché‚ a fronte dell’allegazione, da parte del paziente, dell’inadempimento di siffatti obblighi, è il medico gravato dell’onere della prova di avere adempiuto alla relativa obbligazione (Cass. civ. 27 novembre 2012, n. 20984; Cass. civ. 9 febbraio 2010, n. 2847). Altrettanto consolidata è poi la massima secondo cui detta informazione deve essere completa, senza che si possa presumere il rilascio del consenso informato sulla base delle qualità personali del paziente, potendo queste incidere unicamente sulle modalità dell’informazione, la quale deve comunque sostanziarsi in spiegazioni dettagliate e adeguate al livello culturale del destinatario (confr. Cass. civ. 11 dicembre 2013, n. 27751; Cass. civ. 20 agosto 2013, n. 19220).

4 L’adesione del collegio a tali principi non giova tuttavia agli impugnanti per le ragioni che seguono.

Anzitutto la ricostruzione dei fatti posta a base della domanda attrice appare incentrata più che su un comportamento omissivo dei due medici evocati in giudizio (id est, sulla mancata somministrazione, da parte degli stessi, di informazioni adeguate), su una condotta attiva dissuasiva, considerato che, secondo gli assunti attorei, la richiesta da essi rivolta al M., quale medico curante, e alla L., quale specialista in ginecologia, di rilascio di impegnativa per amniocentesi o per ulteriori o differenti esami idonei a evidenziare l’esistenza di anomalie o malformazioni del feto, avrebbe incontrato la resistenza dei due professionisti, motivata, dal primo, con la prospettazione dei rischi abortivi connessi a un accertamento particolarmente invasivo che, in mancanza di precedenti familiari, non appariva necessario, e, dalla seconda, con l’assunto dell’asserito superamento del tempo utile alla sua praticabilità

Il delineato contesto deduttivo di riferimento – non contestato, è il caso di precisare, dai ricorrenti – comporta l’eccentricità di buona parte delle critiche svolte in questa sede, le quali, senza troppo confrontarsi con la specificità delle deduzioni poste a base della pretesa azionata e con le argomentazioni esposte dal decidente per confutarne la fondatezza, ruotano sul tralaticio richiamo ai principi enunciati da questa Corte in punto di incidenza ed estensione degli oneri probatori in materia di consenso informato.

5 Ciò posto, con specifico riferimento alla posizione del M., ritiene il collegio che correttamente la Corte d’appello abbia valorizzato la sua qualità di medico di base, scriminando tout court le allegate resistenze del professionista al rilascio di una impegnativa per amniocentesi, senza che si fosse prima pronunciato uno specialista.

E invero, considerato che i ricorrenti neppure hanno lamentato malgoverno degli esiti della compiuta istruttoria sotto il profilo che da questa, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, sarebbe emerso il secco rifiuto del medico a una loro altrettanto precisa richiesta di prescrizione, la condotta del M., nei termini in cui è stata ricostruita dal decidente, appare ispirata a un doveroso e prudente tempismo. Rientra invero nei doveri informativi del buon sanitario allertare il paziente sui pericoli connessi all’espletamento di indagini invasive, invitandolo a consultare, prima di prendere una decisione definitiva al riguardo, l’esperto del settore. Ne deriva che la scelta decisoria adottata resiste, in definitiva, alle critiche formulate in ricorso.

6 Quanto alla L., i rilievi degli impugnanti sono inficiati dall’errore prospettico di fondo di dare per scontato ciò che il giudice di merito ha ritenuto non provato: e cioè che la ginecologa avesse distolto la gestante dalla diagnosi amniocentesica con l’assunto, contrario al vero, del superamento dei tempi tecnici entro i quali lo stesso poteva essere utilmente effettuato.

In realtà le argomentazioni con le quali la Corte d’appello ha motivato il suo convincimento, innanzi sinteticamente riportate (sub n. 1), sono assolutamente ineccepibili, sul piano logico e giuridico, oltre che pienamente aderenti alla piattaforma fattuale di riferimento.

E sufficiente al riguardo osservare che l’adesione alla tesi difensiva secondo cui sarebbe stata la B. a decidere liberamente e consapevolmente di non sottoporsi ad amniocentesi poggia sull’ovvio rilievo che le annotazioni “colloquio amniocentesi” e “non la farà” non avrebbero avuto alcun senso ove la ginecologa avesse reputato tardiva la richiesta della gestante di accedere all’esame, di talché, a fronte di un appunto siffatto, che inequivocabilmente ne presuppone la persistente praticabilità, non appare sostenibile l’assunto della somministrazione di un’informazione errata sul punto.

In tale contesto il ricorso deve essere integralmente rigettato.

La peculiarità della fattispecie e la difficoltà delle questioni consiglia di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

La circostanza che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione – delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2014.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2015.

ROVIGO PADOVA VICENZA TREVISO RESPONSABILITA’ MEDICA AVVOCATO ESPERTO CHIAMA SUBITO COLPA MEDICA ROVIGO PADOVA VICENZA TREVISO RESPONSABILITA’ MEDICA COLPA MEDICA MALASANITA' AVVOCATO'

ROVIGO PADOVA VICENZA TREVISO RESPONSABILITA’ MEDICA AVVOCATO ESPERTO CHIAMA SUBITO COLPA MEDICA ROVIGO PADOVA VICENZA TREVISO RESPONSABILITA’ MEDICA COLPA MEDICA MALASANITA’ AVVOCATO

Originally posted 2015-04-02 10:43:20.

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