cropped-AVVOCATO-BOLOGNA-ESPERTO

PORDENONE TRIBUNALE 1DANNO PATRIMONIALE INCIDENTE MORTALE 2 AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA DANNO PARENTI

RISARCIMENTO 3 AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA

CHIAMA UN AVVOCATO MOLTO ESPERTO CHE OTTIENE IL GIUSTO DANNO PER TE 

CHIAMA UN AVVOCATO MOLTO ESPERTO CHE OTTIENE IL GIUSTO DANNO PER TE 

CHIAMA UN AVVOCATO MOLTO ESPERTO CHE OTTIENE IL GIUSTO DANNO PER TE 

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MALASANITA-AVVOCATO-ESPERTO-1

MALASANITA’ AVVOCATO ESPERTO

FATTO

Con atto di citazione del 9.1.2020, regolarmente notificato, gli attori convenivano in giudizio C.S. e la compagnia di assicurazione per la RCA dello stesso, T.A. spa, affinché, previa declaratoria della esclusiva responsabilità di C.S. nella causazione del sinistro avvenuto in data 13.11.2017 lungo la S.S. 14 nel territorio del Comune di Santo Stino di Livenza e che aveva comportato il decesso della sig.ra M.C., moglie del sig. O.M. e madre del piccolo G., venissero condannati, in solido tra loro, al risarcimento di tutti i residui danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti e subendi in conseguenza del decesso di M.C..

CALCOLO-DANNO-BIOLOGICO-

MALASANITA’

Si costituivano in giudizio C.S. e T.A. spa non contestando la responsabilità esclusiva del C. nella causazione del sinistro di cui è causa, bensì la sola quantificazione del danno.

  1. i termini ex art. 183, comma 6 c.p.c., la causa veniva quindi istruita mediante CTU medico-legale psichiatrica, riservata, all’esito della stessa, la decisione sulle altre richieste istruttorie di parte attrice.

MOTIVAZIONE

Nel caso di specie valutati l’età della vittima all’epoca della morte (anni 37), il rapporto di coniugio e parentale con gli attori (rispettivamente moglie e madre), l’età dei congiunti superstiti, la convivenza tra la defunta e gli aventi diritto, l’esistenza di un nucleo familiare costituito da padre, madre e un figlio dell’età di 6 anni al momento dell’incidente mortale, e applicate le tabelle elaborate dal Tribunale di Roma si giunge al risultato che l’importo del danno non patrimoniale da perdita parentale è pari ad Euro 304.007,70per ciascuno degli attori.

Sul danno patrimoniale da lucro cessante, ossia per la perdita delle utilità che la defunta signora M.C. apportava e avrebbe apportato al nucleo familiare si osserva che gli argomenti sviluppati da parte attrice appaiono conformi ai principi elaborati dalla giurisprudenza (cfr. Cassazione civile 6619/18), e precisamente: la liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante, patito dal coniuge e dal figlio di persona deceduta per colpa altrui, e consistente nella perdita delle elargizioni erogate loro dalla defunta, se avviene in forma di capitale e non di rendita, va compiuta, per il coniuge, moltiplicando il reddito perduto dalla vittima per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie, corrispondente all’età del più giovane tra i due; e per il figlio in base ad un coefficiente di capitalizzazione d’una rendita temporanea, corrispondente al numero presumibile di anni per i quali si sarebbe protratto il sussidio materno; nell’uno, come nell’altro caso, il reddito da porre a base del calcolo dovrà comunque: (a) essere equitativamente aumentato, per tenere conto dei presumibili incrementi che il lavoratore avrebbe ottenuto, se fosse rimasto in vita; (b) essere ridotto della quota di reddito che la vittima avrebbe destinato a sé, del carico fiscale e delle spese per la produzione del reddito.

Nel determinare il reddito della vittima da porre a base del calcolo non va dimenticato che il risarcimento del danno è operazione governata dal principio di indifferenza, in virtù del quale la liquidazione deve comprendere tutto il danno, e nient’altro che il danno (art. 1223 c.c.).

Da ciò consegue che l’importo del reddito goduto dalla vittima al momento della morte deve essere opportunamente ritoccato per evitare sovra – o sottostime: in particolare, dal reddito suddetto deve essere detratto l’ammontare delle spese per la produzione del reddito ed il carico fiscale, ma è doveroso tenere conto – se la circostanza sia stata debitamente allegata e provata, anche per presunzioni – dei verosimili incrementi futuri che quel reddito avrebbe avuto, se la vittima avesse potuto continuare a svolgere il proprio lavoro.

Nel caso di specie è documentato che la signora M.C. al momento del decesso lavorava come impiegata presso la Rail Cargo Terminal di S. Stino di Livenza, percependo un reddito netto annuo di € 13.468 (da Mod. 730/2017 cfr. doc. 12 all. a citazione: Reddito complessivo € 15.944 meno ritenute Irpef € 2.183 meno ritenute addizionale Regionale € 196 meno ritenute addizionale comunale € 97 = reddito netto annuo € 13.468).

La signora C. contribuiva significativamente ai bisogni del nucleo familiare, pagando con il suo stipendio le spese condominiali, le utenze casalinghe T. e Mediaset P., le spese farmaceutiche e per le visite mediche di G., il vestiario, le spese di cancelleria e per le attività sportive del figlio nonché le spese per il vitto al supermercato. Inoltre spesso accantonava delle somme a vantaggio della famiglia accreditandole su un conto intestato al marito O.M. (cfr. Estratti conto doc. 46 all. a seconda memoria ex art. 183/6 c.p.c.).

Al momento della morte la signora M.C., aveva 37 anni e lavorava come impiegata presso la Rail Cargo Terminal di S. Stino di Livenza, percependo un reddito netto annuo di € 13.468. Lavorava in quell’azienda dal 13.3.2006 (cfr. buste paga doc. 51 all. a seconda memoria ex art. 183/6 c.p.c.) e fino al maggio 2012 aveva un contratto a tempo pieno.

A distanza di poco meno di un anno dalla nascita del piccolo G., terminato il periodo di congedo parentale obbligatorio e quello facoltativo, considerato anche che l’attività di autotrasportatore del coniuge teneva quest’ultimo lontano da casa per quasi tutta la settimana, M.C. scelse di dedicare più tempo al figlio, almeno fino a che non avesse finito le scuole elementari, e chiese la trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale (20 ore settimanali).

Prima di questa trasformazione del contratto di lavoro M.C. percepiva un reddito netto di € 15.991 (cfr. CUD 2012 doc. 15 all. a citazione: Reddito lordo da lavoro dipendente € 19.332 meno ritenute Irpef € 3.008 meno ritenute addizionale Regionale € 237 meno ritenute addizionale comunale € 96 = reddito netto annuo € 15.991).

Tribunale Pordenone, Sent., 21/03/2022, n. 154

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI PORDENONE

SEZIONE CIVILE

Il Giudice del Tribunale di Pordenone, Sezione civile, dott. Francesco Tonon, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n.90/2020 del R.A.C.C. in data 15/01/2020, iniziata con atto di citazione notificato in data 14 gennaio 2020

da

– O.M., (C.F. (…))

e

– G.M., (C.F. (…))

elettivamente domiciliati in Indirizzo Telematico, con il patrocinio dell’avv. PEROSA CESARE,

ATTORI

contro

– S.C., (C.F. (…))

e

– T.A. SOCIETA’ PER AZIONI, (C.F. (…))

elettivamente domiciliati in VICOLO X. S. 1 31100 T., con il patrocinio dell’avv. MIOTTO GIAMPAOLO,

CONVENUTI

avente per oggetto: Morte,

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Si dà atto che la presente sentenza viene redatta in forma abbreviata a norma dell’art. 132, n. 4 c.p.c., come sostituito dall’art. 45 c. 17 della L. n. 69 del 2009 e 118 disp. att. c.p.c.

Con atto di citazione del 9.1.2020, regolarmente notificato, gli attori convenivano in giudizio C.S. e la compagnia di assicurazione per la RCA dello stesso, T.A. spa, affinché, previa declaratoria della esclusiva responsabilità di C.S. nella causazione del sinistro avvenuto in data 13.11.2017 lungo la S.S. 14 nel territorio del Comune di Santo Stino di Livenza e che aveva comportato il decesso della sig.ra M.C., moglie del sig. O.M. e madre del piccolo G., venissero condannati, in solido tra loro, al risarcimento di tutti i residui danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti e subendi in conseguenza del decesso di M.C..

Si costituivano in giudizio C.S. e T.A. spa non contestando la responsabilità esclusiva del C. nella causazione del sinistro di cui è causa, bensì la sola quantificazione del danno.

  1. i termini ex art. 183, comma 6 c.p.c., la causa veniva quindi istruita mediante CTU medico-legale psichiatrica, riservata, all’esito della stessa, la decisione sulle altre richieste istruttorie di parte attrice.

Depositata la CTU medico-legale psichiatrica, all’udienza del 8.6.2021 la difesa attorea insisteva per l’ammissione della CTU contabile già richiesta nonché della prova per testi così come articolata in memoria istruttoria.

Il Giudice riteneva superflue le prove orali articolate dalle parti, in considerazione delle questioni di fatto e di diritto oggetto del thema probandum e del thema decidendum e della documentazione già versata in atti, e fissava udienza di precisazione delle conclusioni al 10.12.2021.

Successivamente, la causa veniva assegnata all’odierno Giudice, Dott. Francesco Tonon, il quale disponeva che l’udienza del 10.12.2021 venisse svolta mediante lo scambio e deposito telematico di sintetiche note scritte.

Con note di trattazione scritta del 3.12.2021 la difesa attorea precisava le proprie conclusioni con richiesta di concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. e instava affinché il Giudice, all’esito della precisazione delle conclusioni e del deposito delle note conclusive e delle repliche, rimettesse in istruttoria la causa al fine dell’espletamento della prova testimoniale richiesta e della CTU contabile.

Parte convenuta precisava le conclusioni come da note di trattazione scritta del 30.11.2021, opponendosi alla prova testimoniale e alla CTU contabile richiesta da parte attrice.

All’udienza del 10.12.2021 il Giudice tratteneva la causa in decisione, assegnando i termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e repliche.

Preliminarmente si osserva che la richiesta CTU contabile nei termini richiesti da parte attrice (“ammettersi CTU contabile al fine di determinare il danno da lucro cessante patito da O.M. a causa del forzato abbandono della propria attività di autotrasportatore”) non appare ammissibile, né utile ai fini di causa in quanto dall’evento mortale che ha colpito il coniuge, il signor O.M. non ha derivato un’incapacità lavorativa né generica né specifica (cfr. conclusioni a cui è giunto il dott. Amodeo Sossio, CTU).

Per cui mancando ogni evidenza circa l’esistenza di un nesso di causalità tra l’evento morte della signora M.C., e il mutamento lavorativo del signor O.M., la CTU richiesta appare un approfondimento non necessario e utile ai fini di causa.

Nessun dubbio, nessuna contestazione circa l’esclusiva responsabilità del signor S.C. nella causazione dell’incidente stradale in cui perdeva la vita la signora M.C., rispettivamente coniuge e madre di O.M. e di G.M..

Ugualmente non vi è contestazione circa il danno biologico da cd. lutto complicato come riconosciuto dal CTU, dott. Amodeo Sossio, in capo al signor O.M., la cui quantificazione in complessivi Euro33.324,00, è riconosciuta dalle parti del giudizio.

Sul cd. danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale si osserva, in linea con la più recente giurisprudenza anche di legittimità (cfr. Cass. Civ. 33005 del 2021) che la sua liquidazione (oggetto di contestazione da parte dei convenuti non è infatti la sua sussistenza, quanto piuttosto la quantificazione così come operata da parte attrice) che tale pregiudizio non può essere liquidato in base alle tabelle di Milano, le quali non rispondono ai requisiti già indicati dalla giurisprudenza (cfr. Cass. 10579/2021; Cass. 26300/2021).

Il danno da perdita del rapporto parentale consiste nella sofferenza patita per la perdita di una persona cara avvenuta a causa di un fatto illecito.

Una volta acclarato il danno, occorre procedere con la sua liquidazione. Le tabelle meneghine nella liquidazione del danno in oggetto, non seguono la tecnica del punto, ma individuano un tetto minimo ed un tetto massimo, fra i quali ricorre una significativa differenza. Ad esempio, per la morte del coniuge, è prevista una forbice che varia da circa da 168 mila Euro a 336 mila Euro e manca l’indicazione di criteri determinati per stabilire quale importo liquidare. In tal modo, manca la “forma di concretizzazione tipizzata” offerta, invece, da una tabella fondata sul punto variabile. In conclusione, secondo gli ermellini, bisogna ricorrere ad altre tabelle come le tabelle del Tribunale di Roma. Infatti, è necessario che la liquidazione sia fondata sul punto variabile, e tenga in considerazione circostanze indefettibili come l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, esattamente come previsto dalle tabelle capitoline. Al di fuori della liquidazione del danno da perdita parentale, le tabelle milanesi sono conformi a diritto (cosi si esprime la Suprema Corte nella cit. sentenza n. 33005 del 2021).

E’ onere della parte formulare l’istanza di liquidazione del danno non patrimoniale mediante le tabelle (e non tramite la clausola generale della liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c.), spetta poi al giudice applicare la liquidazione tabellare conforme a diritto, nel caso di specie quelle capitoline.

Il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella che abbia i seguenti requisiti:

– adozione del criterio “a punto variabile”;

– estrazione del valore medio del punto dai precedenti;

– modularità;

– elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (tra le quali, da indicare come indefettibili, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza) e dei relativi punteggi.

Il danno da perdita del rapporto parentale consiste nella sofferenza patita per la perdita di una persona cara, che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita. Una volta acclarata la sussistenza di una relazione affettiva con la vittima, occorre considerare, secondo le tabelle capitoline, cinque aspetti che rilevano ai fini della liquidazione del danno;

  1. il rapporto parentale con la vittima: più è stretto, maggiore è il ristoro;
  2. l’età del congiunto superstite: minore è l’età, maggiore è il danno patito;
  3. l’età della vittima: maggiore è l’età, minore è il danno, in ragione dell’approssimarsi al termine del ciclo vitale;
  4. la convivenza tra la vittima e il congiunto superstite: il danno è tanto maggiore, quanto è stata assidua la frequentazione;
  5. la presenza di altri conviventi nel nucleo familiare: il danno è maggiore se il superstite rimane solo.

Nel caso di specie valutati l’età della vittima all’epoca della morte (anni 37), il rapporto di coniugio e parentale con gli attori (rispettivamente moglie e madre), l’età dei congiunti superstiti, la convivenza tra la defunta e gli aventi diritto, l’esistenza di un nucleo familiare costituito da padre, madre e un figlio dell’età di 6 anni al momento dell’incidente mortale, e applicate le tabelle elaborate dal Tribunale di Roma si giunge al risultato che l’importo del danno non patrimoniale da perdita parentale è pari ad Euro 304.007,70per ciascuno degli attori.

Sul danno patrimoniale da lucro cessante, ossia per la perdita delle utilità che la defunta signora M.C. apportava e avrebbe apportato al nucleo familiare si osserva che gli argomenti sviluppati da parte attrice appaiono conformi ai principi elaborati dalla giurisprudenza (cfr. Cassazione civile 6619/18), e precisamente: la liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante, patito dal coniuge e dal figlio di persona deceduta per colpa altrui, e consistente nella perdita delle elargizioni erogate loro dalla defunta, se avviene in forma di capitale e non di rendita, va compiuta, per il coniuge, moltiplicando il reddito perduto dalla vittima per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie, corrispondente all’età del più giovane tra i due; e per il figlio in base ad un coefficiente di capitalizzazione d’una rendita temporanea, corrispondente al numero presumibile di anni per i quali si sarebbe protratto il sussidio materno; nell’uno, come nell’altro caso, il reddito da porre a base del calcolo dovrà comunque: (a) essere equitativamente aumentato, per tenere conto dei presumibili incrementi che il lavoratore avrebbe ottenuto, se fosse rimasto in vita; (b) essere ridotto della quota di reddito che la vittima avrebbe destinato a sé, del carico fiscale e delle spese per la produzione del reddito.

Nel determinare il reddito della vittima da porre a base del calcolo non va dimenticato che il risarcimento del danno è operazione governata dal principio di indifferenza, in virtù del quale la liquidazione deve comprendere tutto il danno, e nient’altro che il danno (art. 1223 c.c.).

Da ciò consegue che l’importo del reddito goduto dalla vittima al momento della morte deve essere opportunamente ritoccato per evitare sovra – o sottostime: in particolare, dal reddito suddetto deve essere detratto l’ammontare delle spese per la produzione del reddito ed il carico fiscale, ma è doveroso tenere conto – se la circostanza sia stata debitamente allegata e provata, anche per presunzioni – dei verosimili incrementi futuri che quel reddito avrebbe avuto, se la vittima avesse potuto continuare a svolgere il proprio lavoro.

Nel caso di specie è documentato che la signora M.C. al momento del decesso lavorava come impiegata presso la Rail Cargo Terminal di S. Stino di Livenza, percependo un reddito netto annuo di € 13.468 (da Mod. 730/2017 cfr. doc. 12 all. a citazione: Reddito complessivo € 15.944 meno ritenute Irpef € 2.183 meno ritenute addizionale Regionale € 196 meno ritenute addizionale comunale € 97 = reddito netto annuo € 13.468).

La signora C. contribuiva significativamente ai bisogni del nucleo familiare, pagando con il suo stipendio le spese condominiali, le utenze casalinghe T. e Mediaset P., le spese farmaceutiche e per le visite mediche di G., il vestiario, le spese di cancelleria e per le attività sportive del figlio nonché le spese per il vitto al supermercato. Inoltre spesso accantonava delle somme a vantaggio della famiglia accreditandole su un conto intestato al marito O.M. (cfr. Estratti conto doc. 46 all. a seconda memoria ex art. 183/6 c.p.c.).

Al momento della morte la signora M.C., aveva 37 anni e lavorava come impiegata presso la Rail Cargo Terminal di S. Stino di Livenza, percependo un reddito netto annuo di € 13.468. Lavorava in quell’azienda dal 13.3.2006 (cfr. buste paga doc. 51 all. a seconda memoria ex art. 183/6 c.p.c.) e fino al maggio 2012 aveva un contratto a tempo pieno.

A distanza di poco meno di un anno dalla nascita del piccolo G., terminato il periodo di congedo parentale obbligatorio e quello facoltativo, considerato anche che l’attività di autotrasportatore del coniuge teneva quest’ultimo lontano da casa per quasi tutta la settimana, M.C. scelse di dedicare più tempo al figlio, almeno fino a che non avesse finito le scuole elementari, e chiese la trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale (20 ore settimanali).

Prima di questa trasformazione del contratto di lavoro M.C. percepiva un reddito netto di € 15.991 (cfr. CUD 2012 doc. 15 all. a citazione: Reddito lordo da lavoro dipendente € 19.332 meno ritenute Irpef € 3.008 meno ritenute addizionale Regionale € 237 meno ritenute addizionale comunale € 96 = reddito netto annuo € 15.991).

Verosimilmente sarebbe stato questo il reddito che avrebbe nuovamente percepito a partire dal giugno 2022, allorquando, terminate le scuole elementari di G., il contratto di lavoro di M.C. sarebbe tornato a tempo pieno.

Inoltre, nel corso della sua carriera lavorativa e fino alla pensione il suo reddito sarebbe presumibilmente aumentato.

Per tutti questi motivi si ritiene che il reddito netto della de cuius da tenere in considerazione per il calcolo del danno patrimoniale da lucro cessante ai prossimi congiunti possa essere stimato in € 18.000,00, come correttamente indicato da parte attrice.

Considerati i redditi familiari, il marito nel 2016 aveva avuto un reddito pari ad Euro 23.559, la composizione del nucleo familiare (marito e figlio di anni 6), e le spese familiari (tra cui un mutuo ipotecario sulla casa familiare, la cui rata veniva pagata dal marito) appare plausibile che la signora C. al momento del decesso destinasse circa 2/3 del proprio reddito per i bisogni della famiglia.

Ai fini del calcolo del lucro cessante appare corretto evidenziare quanto segue: per 22 anni (cioè dalla data della morte di M.C. fino all’indipendenza economica del figlio, presuntivamente ritenuta al raggiungimento dei 28 anni), il coniuge superstite, signor O.M., avrebbe beneficiato del 50% dell’apporto economico della moglie alla famiglia (2/3 del reddito netto annuo =€ 12.000 x 50% = € 6.000); successivamente e fino alla propria morte, che secondo le tabelle di sopravvivenza, sarebbe presumibilmente avvenuta a 80 anni, avrebbe beneficiato dell’intero apporto economico della moglie che abbiamo sopra visto essere pari a: € 9.000 dai 60 ai 67 anni (quindi per 7 anni), e € 7.200 dai 67 ai 72 anni (quindi per 5 anni), quando il marito avrebbe raggiunto gli 80 anni.

Tenuto conto di tale elementi, ricavabili dalla documentazione prodotta da parte attrice sulla base di un giudizio prognostico, si può, pertanto, ipotizzare questo calcolo, indicato dalla stessa parte attrice:

(i) da data morte di M.C. a indipendenza economica del figlio =22 anni

reddito destinato al coniuge (€ 6.000) x coefficiente (K=15,9369) corrispondente ad anni 22 (€ 6.000 x K=15,9369= € 95.621)

(ii) da indipendenza economica del figlio a età pensione di M.C. = 7 anni

reddito destinato al coniuge (€ 9.000) x coefficiente (K=6,2303) corrispondente ad anni 7 (€ 9.000 x K=6,2303 = € 56.073)

(iii) da età pensione di M.C. all’età di 80 anni del coniuge O.M. = 5 anni

reddito da pensione destinato al coniuge (€ 7.200) x coefficiente (K=4,5797) corrispondente ad anni 5 (€ 7.200 x K=4,5797 = € 32.974)

In conclusione il danno patrimoniale subito da O.M., per perdita delle utilità economiche del coniuge alla famiglia, ammonta ad €184.668,00 (dati da (i) € 95.621 + (ii) € 56.073 + (iii) € 32.974).

Con riferimento al danno patrimoniale da lucro cessante per il figlio G.M. di anni 6, convivente, per perdita delle utilità economiche della madre al nucleo familiare si osserva quanto segue: per 22 anni (cioè dalla data della morte di M.C. fino alla propria indipendenza economica, presuntivamente ritenuta al raggiungimento dei 28 anni), il figlio G.M. avrebbe beneficiato del 50% dell’apporto economico della madre alla famiglia (2/3 del reddito netto annuo =€ 12.000 x 50% = € 6.000).

Tenuto conto di questa premessa e fatto riferimento alla Tabella dicapitalizzazione anticipata di rendita temporanea annuale, si può effettuare il seguente calcolo: reddito destinato al figlio (€ 6.000) x coefficiente (K=15,9369) corrispondente ad anni 22 (€ 6.000 x K=15,9369= € 95.621)

In conclusione il danno patrimoniale subito da G.M., per perdita delle utilità economiche della madre alla famiglia, ammonta ad €95.621,00.

Non risarcibile appare, invece, la voce di danno rappresentata da lucro cessante per il coniuge O.M. per la rinuncia alla propria attività lavorativa in quanto non è stata fornito alcun elemento oggettivo a sostegno dell’esistenza di un nesso di causalità tra la scelta del signor O.M. e la morte della signora C.: in altri termini non è stato fornito alcun elemento in grado di provare che la scelta del signor O.M. sia una conseguenza immediata e diretta del decesso del coniuge.

Anche i capitoli di prova formulati nella seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. , e non ammessi dal precedente G.I., nulla avrebbero potuto portare a sostegno della richiesta di parte attrice, e precisamente: “22) Vero che, da quando è morta M., O.M. ha interrotto e mai più ripreso l’attività lavorativa di autotrasportatore? 23) Vero che tale attività portava O.M. lontano da casa per la maggior parte della settimana? 24) Vero che M.C. teneva tutta la contabilità di O.M. con riferimento alla sua attività di autotrasportatore? 25) Vero che in particolare M. emetteva e registrava le fatture, controllava ed effettuava i pagamenti, preparava e portava alla Confartigianato le fatture del carburante al fine del rimborso delle accise, studiava le leggi delle regioni in cui O. si recava per lavoro al fine di richiedere e ottenere le agevolazioni che esse prevedevano per gli autotrasportatori e preparava le relative domande, controllava la regolarità delle fatture relative alla manutenzione del camion e si occupava dei relativi pagamenti, si occupava di tutta la pratica relativa ai leasing dell’autocarro tenendo i contatti con la società di leasing, occupandosi del contratto e del pagamento delle fatture? 26) Vero che era M.C. a rapportarsi per la contabilità del maritocon lo studio Cedim di Sartorello che conservava le scritture contabili e presentava le dichiarazioni fiscali?”.

I capitoli contengono circostanze pacifiche (il signor M. non ha più svolto il mestiere di autotrasportatore dopo la morte della coniuge, fatto non contestato, quello non è pacifico è che tale scelta sia da porsi quale conseguenza immediata e diretta del decesso della signora C.) o, comunque, irrilevanti al fine del decidere (gli adempimenti di carattere fiscale e finanziario sono prestazioni di carattere fungibili, che laddove non più seguite dalla signora C., avrebbero potuto essere seguite da altri soggetti, e, comunque, la parte onerata non deduce come tali attività, non più svolte dalla coniuge, abbiano “obbligato” il signor M. a non svolgere più l’attività di autotrasportatore).

Conseguentemente non appaiono risarcibili le altre poste di danno rappresentate dal lucro cessante maturato da rinuncia alla propria attività lavorativa, e dal lucro cessante futuro da rinuncia alla propria attività lavorativa.

Analogamente non può essere riconosciuto al signor O.M. il danno emergente rappresentato dal “pagamento a vuoto dei canoni di leasing” e dalla “minusvalenza maturata a seguito della cessione (forzata) del contratto di leasing e quindi dell’autocarro”, mancando il necessario nesso di causalità materiale con l’evento morte del coniuge.

Appare, invece, risarcibile il danno riportato dall’autovettura della signora C.: a seguito del sinistro l’autovettura è stata rottamata, e il suo valore è stato stimato in Euro 5.500,00, importo riconosciuto anche dalla compagnia assicurativa, ciò che è oggetto di contestazione è l’ulteriore importo pari ad Euro 500,00 per i costi inerenti la rottamazione stessa.

Sulla somma pari ad Euro 500,00 parte attrice non ha offerto alcuna documentazione attestante il relativo esborso, ragion per cui non può essere riconosciuta in questa sede.

Non contestate, invece, sono le spese rappresentate dall’esborso pari ad Euro 89,80, quali spese per marche su autocertificazioni.

Non contestate sono anche le spese sostenute per il CTP p.i. Pertoldi per la ricostruzione dinamica dell’incidente, e per il CTP dottor Piani per relazioni sul danno psichico patito dal signor O.M., e, pertanto, i relativi importi pari rispettivamente ad Euro 1.323,77 e ad Euro 1.666,28 vanno riconosciuti a favore di parte attrice.

Con riferimento, invece, alle voci di danno emergente rappresentate dal rimborso delle spese e compensi per assistenza legale per i ricorsi al Giudice Tutelare e per l’assistenza legale stragiudiziale si osserva quanto segue.

La Suprema Corte, con un orientamento univoco e consolidato nel tempo, ha statuito in materia di risarcimento danni da sinistri stradali che sul danneggiato – che formuli una richiesta risarcitoria – grava l’onere (art. 2697 c.c.) di dimostrare il danno patito. La suddetta dimostrazione non si ritiene assolta mediante la mera allegazione di una fattura emessa, in quanto è necessaria quantomeno la presenza di una quietanza che dimostri l’effettivo pagamento, ovvero la produzione di ulteriori documenti a supporto (cfr. Cassazione civile sez. VI, sentenza 12/02/2018 n.3293).

In particolare materia di rimborso delle spese stragiudiziali si osserva che costituisce principio consolidato in giurisprudenza (cfr. Cassazione civile 13 marzo 2017, n. 6422 e Cassazione civile, Ordinanzan. 24481 del 4 novembre 2020), quello secondo il quale le spese sostenute per l’assistenza stragiudiziale hanno natura di danno emergente, consistente nel costo sostenuto per l’attività svolta da un legale nella fase pre-contenziosa, con la conseguenza che il loro rimborso è soggetto ai normali oneri di domanda, allegazione e prova del relativo esborso: nel caso di specie tanto con riferimento alle spese legali per ricorsi al Giudice Tutelare quanto con riferimento all’assistenza legale stragiudiziale, nonostante gli importi oggettivamente elevati, rispettivamente Euro 21.304,39 ed Euro 26.055,52, nulla è stato dimesso da parte attrice per provare l’avvenuto esborso delle relative somme.

Pertanto tali voci di danno emergente non possono essere riconosciute a favore di parte attrice, la quale non ha dimostrato di averne sostenuto l’esborso.

Si osserva, infine, in merito all’eccezione di compensatio lucri cum damno, come formulata da parte convenuta in relazione alle voci componenti l’asse ereditario della signora M.C. (depositi bancari su un conto corrente per € 293,84; deposito su un “deposito amministrato” per € 11.555,18; “competenze residue da liquidare agli eredi” nei confronti del suo datore di lavoro per € 4.564,47 e per “trattamento di fine rapporto per € 18.467,52) quanto segue: le Sezioni Unite (cfr. sentenze “gemelle” 12564, 12565, 12566 e 12567 del 2018), nel dettare i principi di diritto e le linee guida operanti sull’argomento c, hanno affermato la necessità di individuare la funzione del beneficio collaterale e di procedere per classi di casi onde selezionare le fattispecie nelle quali ammettere o meno la compensatio. A tal fine, gli E. segnalano l’inopportunità di procedere in modo sterile alla comparazione fra danno e beneficio, riducendola ad un calcolo contabilistico, per privilegiare, invece, una modalità di indagine che tenga in specifica considerazione la ragione giustificatrice dell’attribuzionepatrimoniale destinata al patrimonio del danneggiato. Conseguentemente, non viene recepita quell’indicazione contenuta nelle ordinanze di rimessione, secondo la quale sarebbe stato necessario l’impiego della teoria del nesso di causalità fra fatto, danno e vantaggio. Al contrario, le Sezioni Unite ritengono di utilizzare il nesso eziologico come strumento di distinzione fra vantaggicumulabili e non cumulabili. Pur con le distinzione delle singole questioni in concreto esaminate, quale principio di diritto, il Supremo Organo di nomofilachia statuisce che ai fini della individuazione del vantaggio computabile occorre accertare che il vantaggio sia causalmente giustificato in funzione di rimozione dell’effetto lesivo dell’illecito; deve sussistere, cioè, un collegamento funzionale tra la causa dell’attribuzione patrimoniale e l’obbligazione risarcitoria. A supporto di detta indagine rilevano, altresì, meccanismi di surrogazione o rivalsa esistenti nell’Ordinamento, in quanto consentono di stabilire l’effettiva incidenza del risarcimento, nonché di evitare che l’autore dell’illecito possa in qualche modo alleggerire la propria posizione obbligatoria, mediante riconoscimento del diffalco della posta erogata al soggetto leso da parte di un terzo, estraneo al fatto.

Facendo applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Suprema Corte appare evidente che nel caso di specie non c’è alcun collegamento funzionale tra la causa dell’attribuzione patrimoniale agli eredi e l’obbligazione risarcitoria. Per tali ragioni l’eccezione formulata da parte convenuta va rigettata.

Pertanto al signor O.M. può essere riconosciuto in relazione ai danni subiti a seguito del sinistro mortale che ha visto coinvolta la propria coniuge signora M.C. la complessiva somma pari ad Euro 530.579,55 così ripartita: quanto ad Euro 33.324,00, a titolo di danno biologico permanente, quanto ad Euro 304.007,70, a titolo di danno non patrimoniale da perdita parentale, quanto ad Euro 184.668,00, a titolo di danno patrimoniale da lucro cessante, quanto ad Euro 5.500,00, a titolo di danno emergente all’autovettura, quanto ad Euro 89,90, a titolo di spese per marche e registrazioni, quanto ad Euro 1323,77, a titolo di spese per CTP p.i. Pertoldi, quanto ad Euro 1.666,28, a titolo di spese per CTP dott. Piani.

Dalla somma così determinata in complessivi Euro 530.579,55 vanno detratti gli importi già incassati dalla compagnia assicurativa per complessivi Euro 330.500,00, e così la somma ancora da corrispondere in solido da parte dei convenuti è pari ad Euro 200.079,55.

A G.M. può essere riconosciuto in relazione ai danni subiti a seguito del sinistro mortale che ha visto coinvolta la propria madre signora M.C. la complessiva somma pari ad Euro 399.628,70 così ripartita: quanto ad Euro 304.007,70, a titolo di danno non patrimoniale da perdita parentale, quanto ad Euro 95.621,00, a titolo di danno patrimoniale da lucro cessante.

Dalla somma così determinata in complessivi Euro 399.628,70 vanno detratti gli importi già incassati dalla compagnia assicurativa per complessivi Euro 287.500,00 e così la somma ancora da corrispondere in solido da parte dei convenuti è pari ad Euro 112.128,70.

Sugli importi capitali liquidati a titolo di danno biologico e danno non patrimoniale, espressi già in valori attuali e quindi non da rivalutare, debbono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell’equivalente pecuniario del bene perduto. Gli interessi compensativi, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 1712/95), decorrono dalla produzione dell’evento di danno sino al tempo della liquidazione e si calcolano però non sulla somma finale in valori attuali, bensì sulla somma via via rivalutata nell’arco di tempo suddetto. Poiché quindi la somma capitale è stata liquidata in valori attuali, per il calcolo degli interessi l’importo riconosciuto dovrà essere “devalutato” alla data del sinistro. Eseguita la devalutazione, per gli anni successivi al primo gli interessi legali andranno calcolati sulla somma di anno in anno rivalutata.

Nel compiere le suddette operazioni dovrà altresì tenersi conto del fatto che, in ottemperanza alla provvisionale concessa dal giudice ex art. 24 L. n. 990 del 1969, parte convenuta ha pagato in data 14 gennaio 2019 gli importi sopraindicati, da qualificarsi come acconto rispetto alla maggior somma dovuta. Occorrerà di conseguenza procedere, effettuata la devalutazione, alla quantificazione del danno stesso, conteggiando interessi e rivalutazione come sopra indicato, alla data di pagamento dell’acconto. Quindi, previa imputazione della somma versata prima agli interessi e poi alla somma capitale rivalutata a quella data, si effettueranno rivalutazione e calcolo degli interessi per il periodo successivo sulla somma ottenuta detraendo l’acconto.

Dalla data di pubblicazione della sentenza, che rende liquido il credito, al saldo, sono dovuti gli interessi legali.

Le spese per la CTU medico-legale vanno definitivamente poste a carico di parte convenuta.

Le spese del presente procedimento seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. n. 37 del 2018, evidenziando in particolare che nella presente causa non si rinvengono specifici elementi di personalizzazione che giustifichino il discostarsi dai valori medi.

Le spese di lite della parte attrice, considerato che la domanda, pur quantificata in misura maggiore, è stata proposta dall’attore per la somma ritenuta di giustizia, anche minore, seguono la soccombenza, e si pongono a carico dei convenuti in via solidale. Esse vengono liquidate tenendo conto del recente e condivisibile orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, secondo cui “in tema di liquidazione degli onorari e dei diritti del difensore a carico della parte soccombente, la regola posta dall’articolo 6 della tariffa professionale, secondo la quale, nelle cause per pagamento di somme o liquidazione danni, in parziale deroga al principio della determinazione del valore della controversia dalla domanda sulla base dell’articolo 10 del Codice di procedura civile, si deve aver riguardo alla somma in concreto attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata, va interpretata nel senso che la somma da considerare è quella riconosciuta spettante con riferimento al momento della domanda medesima.

P.Q.M.

Il Giudice, ogni diversa domanda ed eccezione reiette ed ogni ulteriore deduzione disattesa, definitivamente pronunciando,

1) condanna i convenuti, in via tra loro solidale, a pagare all’attore O.M., già detratto l’importo degli acconti ricevuti, la somma pari ad Euro 200.079,55, oltre a rivalutazione ed interessi di legge dalle date e sugli importi indicati in motivazione;

2) condanna i convenuti, in via tra loro solidale, a pagare all’attore G.M., già detratto l’importo degli acconti ricevuti, la somma pari ad Euro 112.128,70, oltre a rivalutazione ed interessi di legge dalle date e sugli importi indicati in motivazione;

3) pone le spese della CTU medico legale definitivamente a carico dei convenuti, in via solidale tra di loro;

4) condanna i convenuti, in via tra loro solidale, alla rifusione in favore degli attori delle spese legali del presente procedimento che si liquidano in Euro 1.723,55 per esborsi, e in Euro 31.973,57 per compenso, oltre ad I.V.A., C.N.P.A. e rimborso delle spese forfettarie pari al 15% sul compenso ex D.M. n. 37 del 2018.

Conclusione

Così deciso in Pordenone il 17 marzo 2022.

Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2022.

Originally posted 2022-05-31 19:30:03.

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