PISTOIA PRATO LIVORNO PISA MASSA CARRARA  GROSSETO PEDONE UCCISO RESPONSABILITA’ DANNO AVVOCATO ESPERTO

ATTRAVERSAMENTO STRADALE PEDONE UCCISO RESPONSABILIA’ DI DUE AUTOAVVOCATO-RECUPERO-CREDITI-BOLOGNA-AZIENDE-3

 

che in data 12-1-2004 Bi. Fe., coniuge della Pa. e padre del Bi. Si., percorreva a piedi la Via del Casello in Pistoia, nella direzione della Statale Fiorentina, allorché era sopraggiunto da tergo un autofurgone Iveco di proprietà e condotto da In. Ma., che aveva urtato con lo specchietto retrovisore destro ed il ripetitore laterale contro l’ombrello, retto dal Bi. con la mano sinistra, e contro la spalla sinistra dello stesso Bi., provocandone la caduta a terra sul ciglio laterale della strada;

che il Bi. si era rialzato, e si era diretto verso un’autovettura fermatasi sulla corsia opposta per prestargli soccorso, allorché, giunto pressoché al centro della carreggiata, era stato investito da un’auto Renault Laguna, di proprietà e condotta da Ba. Al., venendo caricato sul cofano dell’auto e poi sbattuto con la parte superiore del tronco e con la testa contro il parabrezza, per essere poi proiettato in avanti sull’asfalto: con il conseguente immediato decesso;AINC2SCRITTANEROBIANCO

che la responsabilità dell’evento mortale era da ascriversi ad entrambi gli investitori, per il mancato tempestivo avvistamento del pedone;

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INCIDENTI GRAVI E MORTALI

CHIAMA SUBITO PRENDI APPUNTAMENTO CE LA FAREMO AVVOCATO ESPERTO GRAVI DANNI STRADA 051 6447838

MOTIVAZIONE

Dunque, in presenza di una visibilità che la Polstrada accertò essere “buona”, si deve concludere che, pur in assenza di illuminazione pubblica e di segnaletica stradale, non vi fossero condizioni ambientali tali da ostacolare la visibilità, e che il Ba. avrebbe dovuto avvedersi della presenza del pedone sulla sede stradale: tanto più che, come da lui stesso dichiarato nelle sommarie informazioni alla p.g., egli si era accorto della presenza di un ombrello aperto a terra sul margine destro della carreggiata; tale circostanza avrebbe dovuto imporgli di prestare la necessaria attenzione e di moderare particolarmente la velocità del veicolo.

D’altra parte la giurisprudenza della Suprema Corte è costante nell’affermare che, in caso di investimento, la condotta anomala del pedone non vale ad escludere la responsabilità dell’automobilista, ove la medesima sia stata, per le circostanze di tempo e di luogo, ragionevolmente prevedibile (cfr. Cass. 524/2011).

Inoltre appare significativo che, nella sede penale, il Ba., imputato del reato di omicidio colposo in danno del Bi., abbia rinunciato a difendersi, ed abbia concordato con il P.M. l’applicazione della pena nella misura di mesi cinque e giorni dieci di reclusione: riportando, con la sentenza del Tribunale di Pistoia in data 6-12-2004, anche le significative condanne al pagamento di un’ammenda per la violazione di cui all’art. 141 comma III C.S. contestatagli, ed alla sospensione della patente di guida per la durata di mesi due.

Si veda al riguardo Sez. U, Sentenza n. 17289 del 31/07/2006:”La sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. costituisce un importante elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione. Pertanto la sentenza di applicazione di pena patteggiata, pur non potendosi configurare come sentenza di condanna, presupponendo pur sempre una ammissione di colpevolezza, esonera la controparte dall’onere della prova. (Nella specie, relativa a responsabilità disciplinare di un avvocato, la S.C. ha confermato la condanna resa dal Consiglio nazionale forense, non avendo il ricorrente indicato quali elementi probatori a suo favore avesse sottoposto al giudice di merito al fine di spiegare perché avesse – pur innocente – accettato una pena patteggiata per il reato di concussione continuata)”.

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CONDANNA

In conclusione Ba. Al. e Nationale Suisse Compagnia Italiana di Assicurazioni spa devono essere condannati al pagamento in solido in favore di Pa. El. di Euro 226.835,73; in favore di Bi. Si. di Euro 192.616,5; oltre interessi nei termini sopra descritti.

Deve trovare, altresì, accoglimento la domanda di Ba. Al. di rilevazione nei confronti della propria compagnia assicurativa, Nationale Suisse Compagnia Italiana di Assicurazioni spa, domanda formulata in comparsa di costituzione e risposta.

Conseguentemente Nationale Suisse Compagnia Italiana di Assicurazioni spa va condannata a tenere indenne il proprio assicurato da tutte le somme, per capitale, interessi e spese poste a carico di quest’ultimo con la presente sentenza.

Ogni altra domanda e questione risulta assorbita.

  1. In ragione della soccombenza le spese di lite sostenute da parte attrice (liquidate come in dispositivo) e le spese di CTU (già liquidate) vengono poste a carico dei convenuti Ba. e Nationale Suisse Compagnia Italiana di Assicurazioni spa, in solido.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il TRIBUNALE DI PISTOIA

IL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA, IN PERSONA DEL GIUDICE DOTT. CARLO CARVISIGLIA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa RG 939-2005

tra

Pa. El. e Bi. Si., rappresentati e difesi dall’avv. Enrico Panelli, come da delega in atti;

ATTORI

Ba. Al., rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Pancani, come da mandato in atti.

CONVENUTO

Nationale Suisse Compagnia Italiana di Assicurazioni spa, rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Bindi, come da mandato in atti.

CONVENUTA

In. Ma., rappresentato e difeso dall’avv. Adriano Montinari, come da delega in atti;

CONVENUTO

Assicurazioni Generali Spa, rappresentata e difesa dall’avv. Adriano Montinari, come da delega in atti;

CONVENUTA

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

  1. Con atto di citazione ritualmente notificato, Pa. El. e Bi. Si. esponevano:

che in data 12-1-2004 Bi. Fe., coniuge della Pa. e padre del Bi. Si., percorreva a piedi la Via del Casello in Pistoia, nella direzione della Statale Fiorentina, allorché era sopraggiunto da tergo un autofurgone Iveco di proprietà e condotto da In. Ma., che aveva urtato con lo specchietto retrovisore destro ed il ripetitore laterale contro l’ombrello, retto dal Bi. con la mano sinistra, e contro la spalla sinistra dello stesso Bi., provocandone la caduta a terra sul ciglio laterale della strada;

che il Bi. si era rialzato, e si era diretto verso un’autovettura fermatasi sulla corsia opposta per prestargli soccorso, allorché, giunto pressoché al centro della carreggiata, era stato investito da un’auto Renault Laguna, di proprietà e condotta da Ba. Al., venendo caricato sul cofano dell’auto e poi sbattuto con la parte superiore del tronco e con la testa contro il parabrezza, per essere poi proiettato in avanti sull’asfalto: con il conseguente immediato decesso;

che la responsabilità dell’evento mortale era da ascriversi ad entrambi gli investitori, per il mancato tempestivo avvistamento del pedone;

che la compagnia assicuratrice del Ba., Nationale Suisse Ass.ni s.p.a., aveva versato a titolo risarcitorio la somma di Euro 67.000,00, ritenuta non congrua dagli attori e da loro accettata in conto del maggior credito, mentre la compagnia assicuratrice dell’In., Assicurazioni Generali s.p.a., non aveva avanzato alcuna offerta.

Ciò esposto, gli attori convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Pistoia Ba. Al., In. Ma., ed i rispettivi assicuratori sopra indicati, per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni, nelle rispettive misure di Euro 225.000,00 per la Pa., oltre al risarcimento del danno biologico iure hereditatis e iure proprio da valutarsi in corso di causa, e di Euro 189.010,00 per il Bi. Si., oltre al risarcimento del danno biologico iure hereditatis da valutarsi in corso di causa.

Si costituivano in giudizio i convenuti.

L’In., e la rispettiva compagnia assicuratrice, chiedevano il rigetto delle domande attoree, per difetto di legittimazione passiva sostanziale, e comunque perché infondate in fatto ed in diritto. Osservavano che non sussisteva alcun nesso causale tra la condotta di guida del conducente dell’autofurgone, e l’evento mortale, dato che, dopo il primo investimento, il Bi. si era rialzato ed aveva iniziato ad attraversare la sede stradale: mentre era evidente la responsabilità esclusiva del Ba., che aveva avuto la possibilità di avvistare tempestivamente il pedone, essendosi avveduto della presenza di un ombrello a terra sulla carreggiata e di un’auto ferma in sosta sul lato opposto. Ed era significativo che, in sede penale, il GIP di Pistoia avesse ordinato l’archiviazione della notizia di reato nei confronti dell’In..

Nella denegata ipotesi di accoglimento totale o parziale delle domande attoree, con la conseguente condanna in solido, i convenuti chiedevano che venissero accertate e graduate le rispettive responsabilità dei due conducenti, e l’In. chiedeva anche che venisse accertato il suo diritto di regresso nei confronti del Ba. e del suo assicuratore, con conseguente condanna di questi ultimi a tenerlo indenne da tutte quelle somme che egli fosse obbligato a corrispondere agli attori, in virtù del vincolo solidale, oltre la quota della propria responsabilità.

Il Ba. chiedeva in tesi il rigetto della domanda attorea, e della domanda di regresso avanzata dall’In.; nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda attorea, la condanna del suo assicuratore Nationale Suisse a tenerlo indenne da ogni richiesta attorea; nella deprecata ipotesi di accoglimento della domanda di regresso avanzata dall’In. nei confronti del Ba., la condanna della Nationale Suisse a tenerlo indenne anche da tale richiesta.

Rilevava il convenuto che il sinistro in questione aveva una dinamica di svolgimento assai complessa, non riconducibile esclusivamente all’urto tra l’auto Renault Megane dello stesso Ba. ed il pedone. Quest’ultimo, al momento del secondo investimento, si trovava pressoché al centro della carreggiata, di fianco all’autovettura proveniente dall’opposta direzione di marcia, condotta da Ve. Lo., che ivi si era fermato per prestare soccorso al pedone, visto a terra sulla banchina erbosa oltre il margine sinistro della carreggiata: ciò significava che il pedone, rispetto alla percezione visiva del Ba., si trovava oltre il cono di luce prodotto dai fari anteriori dell’auto del Ve., e quindi era completamente nascosto alla vista del Ba., stante l’abbagliamento prodotto dai proiettori di tale auto. Ed andava, altresì, considerato che l’incidente era avvenuto alle ore 7,25 circa di una mattina di gennaio nebbiosa e piovigginosa, e che il pedone indossava un vestito di colore scuro.

Per di più, doveva prendersi in considerazione l’eventuale responsabilità del primo investitore, l’In., il quale non aveva prontamente arrestato l’auto appena investito il pedone, sì da prestargli immediato soccorso, ma aveva arrestato il veicolo a distanza di diverse centinaia di metri.

La compagnia assicuratrice del Ba., Nationale Suisse, parimenti chiedeva, in tesi, il rigetto della domanda attrice, per mancanza di responsabilità del Ba. stesso; in ipotesi, considerato il già avvenuto versamento della somma di Euro 67.000,00, il rigetto dell’ulteriore domanda attrice, stante la palese eccessività delle richieste risarcitorie Chiedeva, inoltre, il rigetto della domanda di regresso avanzata dall’In. e, in via istruttoria, l’ammissione di consulenza tecnica diretta alla ricostruzione delle modalità del sinistro stradale, e l’ammissione di prova testimoniale sulle modalità del sinistro.

Iniziatasi la trattazione della causa, venivano ammesse ed espletate dal giudice designato le prove testimoniali richieste da parte attrice e da parte convenuta, e veniva disposta ed esperita consulenza tecnica relativamente alla persona di Pa. El..

All’udienza di precisazione delle conclusioni del 5-7-2011, le parti così concludevano:

Per gli attori:

condannarsi i convenuti in solido, o in ipotesi secondo le rispettive responsabilità, al risarcimento dei danni, nella misura di Euro 316.488,50 per Pa. El., di cui Euro 300.000,00 a titolo di danno morale ed esistenziale, Euro 7.659,00 a titolo di danno biologico iure proprio, Euro 3.829,50 per aumento personalizzato del 50% del danno biologico, Euro 5.000,00 a titolo di danno biologico iure hereditatis; nella misura di Euro 256.510,00 per Bi. Si., di cui Euro 250.000,00 per danno morale ed esistenziale, Euro 5.000,00 a titolo di danno biologico iure hereditatis, Euro 1.510,00 a titolo di danno patrimoniale; ovvero nella diversa misura che sarà ritenuta di giustizia, al netto della somma di Euro 67.000,00 già corrisposta dalla Nationale Suisse; oltre ad interessi e rivalutazione monetaria; con vittoria di spese ed onorari, e spese di CTU interamente a carico delle parti convenute;

Per i convenuti In. Ma. e Generali Assicurazioni s.p.a.: come da rispettive comparse di costituzione e risposta;

Per il convenuto Ba. Al.: come da comparsa di costituzione e risposta;

Per la convenuta Nationale Suisse Ass.ni s.p.a.: preliminarmente, si insiste affinché venga disposta dal Tribunale consulenza tecnica sulla dinamica del sinistro; emerge infatti dal rapporto della Polizia Stradale che non si rilevarono violazioni di sorta al Codice della Strada da parte del Ba. Al., ed anzi dai punti 4, 5 e 6 del verbale di accertamento risulta che, se l’illuminazione era assente, scarso era però il traffico e la visibilità era buona; quest’ultima precisazione contraddice l’unica consulenza tecnica redatta da Santini Ugo in sede penale, nonché l’archiviazione del procedimento penale nei confronti di In. Ma.; la richiesta consulenza tecnica dovrebbe inoltre tener conto inoltre dell’anomalo comportamento sulla strada del defunto Bi. Fe., e della circostanza che fu l’In. a determinare la produzione del sinistro, urtando per primo il pedone; nel merito, in tesi rigettarsi la domanda attorea, in ipotesi tenersi conto del già avvenuto versamento della somma di Euro 67.000,00 e respingersi l’ulteriore domanda attrice, con il solo riconoscimento nella persona della Pa. del danno biologico nella misura del 6%, come ritenuto dal CTU dott. Carradori; sempre in ipotesi, respingersi la domanda di regresso avanzata dall’In., poiché questi è da ritenersi l’unico responsabile dell’incidente, o quantomeno il responsabile in misura prevalente unitamente al defunto Bi. Fe., che attraversava sbadatamente la carreggiata.

Il giudice tratteneva la causa in decisione, disponendo lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

  1. In primo luogo, occorre accertare se in ordine alla causazione dell’evento mortale in danno di Bi. Fe. sussista o meno la responsabilità del convenuto In. Ma. (primo investitore) e/o del convenuto Ba. Al. (secondo investitore).

Appaiono decisivi, al riguardo, i primi accertamenti svolti dalla Polstrada dopo l’incidente, la consulenza tecnica espletata su disposizione del P.M., e le dichiarazioni rese dall’unico teste oculare, il Ve., alla P.G ed in verbale di udienza del 19-6-2007.

Se si ha riguardo agli atti penali, prodotti in copia nel fascicolo di parte In., ed in particolare al verbale di accertamenti della Polstrada, alla consulenza del C.T. Fr. So., alle foto allegate (in particolare nn. 10, 11, 12, 13), alla planimetria ed allo schizzo planimetrico redatti dalla Polstrada, appare chiara la dinamica dell’incidente: ciò al di là delle difficoltà ricostruttive, derivanti dall’avvenuta rimozione dell’auto investitrice, subito dopo l’incidente, da parte del Ba. (difficoltà che per l’appunto possono essere superate alla stregua delle considerazioni che seguono, senza che si renda necessario disporre la “CTU sulla dinamica” richiesta da Nationale Suisse Ass.ni Spa).

Non sono dubbi alcuni dati storici, sui quali hanno concluso in termini analoghi gli accertamenti di P.G. e la successiva consulenza tecnica disposta dal P.M.: 1) posizione scorretta del pedone al momento dell’investimento, in piedi al centro della corsia percorsa dal Ba.; 2) scarsa attenzione alla guida da parte dell’In. (primo investitore), il quale disponeva di condizioni di visibilità (v. verbale di accertamenti della Polstrada) tali da permettergli il tempestivo avvistamento del pedone, sebbene questi procedesse sul margine destro della carreggiata in violazione delle prescrizioni del Codice della Strada ed indossasse abiti scuri; 3) scarsa attenzione alla guida da parte del Ba., il quale procedeva in condizioni di visibilità analoghe a quelle di cui disponeva l’In., e per giunta si trovò dinanzi un pedone che si era reso ben palese, iniziando l’attraversamento della sua corsia di marcia; 4) la circostanza che il pedone Bi. abbia riportato un complesso di lesioni, tutte o quasi tutte (salvo forse la frattura della scapola sinistra) riconducibili all’investimento operato dall’auto del Ba.: lesioni craniche, vertebro-spinali e toraciche, sicuramente compatibili con quest’ultimo investimento, costituito da urto, caricamento e scaricamento al suolo; 5) il fatto che il pedone, dopo l’urto, si sia rialzato da terra, abbia parlato e camminato in direzione dell’automobilista Ve., il quale si era fermato sul lato opposto della carreggiata per prestargli soccorso.

Il Ve. ebbe a riferire alla P.G. nell’immediatezza del fatto (cfr. verbali sia nel fascicolo degli attori, sia nel fasc. del convenuto In.) che, al momento del secondo investimento, il pedone si trovava al centro della corsia percorsa dal Ba., e che esso Ve. poté vedere dalla sua auto il pedone, prima riverso a terra, e poi, al momento dell’urto, posizionato al centro della corsia percorsa dal Ba. stesso. Al di là delle difformità riscontrabili tra le prime dichiarazioni alla p.g., secondo cui esso Ve. era rimasto a bordo della sua auto ed il pedone era stato investito mentre era fermo, e le seconde dichiarazioni alla p.g., secondo cui il pedone era stato investito mentre stava attraversando la strada, resta fermo che il secondo investimento avvenne allorché il Bi., subìto il primo investimento e rialzatosi, era venuto a posizionarsi al centro della corsia di marcia percorsa dal Ba.. Ed il complesso delle dichiarazioni rese dal teste alla P.G. vanno considerate, per la vicinanza temporale al fatto e per la conseguente freschezza del ricordo, ben più attendibili delle successive dichiarazioni rese in udienza, allorché il teste ha addirittura dichiarato che egli scese dall’auto per soccorrere il pedone, e che, mentre tornavano verso l’auto, lui davanti ed il pedone dietro, quest’ultimo fu investito dalla seconda auto.

Dunque, in presenza di una visibilità che la Polstrada accertò essere “buona”, si deve concludere che, pur in assenza di illuminazione pubblica e di segnaletica stradale, non vi fossero condizioni ambientali tali da ostacolare la visibilità, e che il Ba. avrebbe dovuto avvedersi della presenza del pedone sulla sede stradale: tanto più che, come da lui stesso dichiarato nelle sommarie informazioni alla p.g., egli si era accorto della presenza di un ombrello aperto a terra sul margine destro della carreggiata; tale circostanza avrebbe dovuto imporgli di prestare la necessaria attenzione e di moderare particolarmente la velocità del veicolo.

D’altra parte la giurisprudenza della Suprema Corte è costante nell’affermare che, in caso di investimento, la condotta anomala del pedone non vale ad escludere la responsabilità dell’automobilista, ove la medesima sia stata, per le circostanze di tempo e di luogo, ragionevolmente prevedibile (cfr. Cass. 524/2011).

Inoltre appare significativo che, nella sede penale, il Ba., imputato del reato di omicidio colposo in danno del Bi., abbia rinunciato a difendersi, ed abbia concordato con il P.M. l’applicazione della pena nella misura di mesi cinque e giorni dieci di reclusione: riportando, con la sentenza del Tribunale di Pistoia in data 6-12-2004, anche le significative condanne al pagamento di un’ammenda per la violazione di cui all’art. 141 comma III C.S. contestatagli, ed alla sospensione della patente di guida per la durata di mesi due.

Si veda al riguardo Sez. U, Sentenza n. 17289 del 31/07/2006:”La sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. costituisce un importante elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione. Pertanto la sentenza di applicazione di pena patteggiata, pur non potendosi configurare come sentenza di condanna, presupponendo pur sempre una ammissione di colpevolezza, esonera la controparte dall’onere della prova. (Nella specie, relativa a responsabilità disciplinare di un avvocato, la S.C. ha confermato la condanna resa dal Consiglio nazionale forense, non avendo il ricorrente indicato quali elementi probatori a suo favore avesse sottoposto al giudice di merito al fine di spiegare perché avesse – pur innocente – accettato una pena patteggiata per il reato di concussione continuata)”.

Non può ravvisarsi, invece, la concorrente responsabilità del “primo investitore”, sotto il profilo del rapporto di causalità rispetto all’evento mortale: ciò in linea con quanto già deciso dal GIP nella sede penale, attraverso l’emissione di decreto di archiviazione nei confronti dell’In., motivata con il convincimento dell’esclusiva responsabilità del Ba. in ordine all’incidente.

Non v’è dubbio che l’In. versi in colpa, quanto al primo investimento del pedone (con conseguente possibile frattura della scapola sinistra, comunque priva di nesso causale con il successivo decesso: v. C.T. So.), perché, pur procedendo il pedone a destra, anziché alla sinistra della sede stradale come prescritto dal Codice della Strada, e pur indossando il pedone indumenti di colore scuro, le condizioni di visibilità rendevano possibile all’In. il tempestivo avvistamento del pedone, e sarebbe bastato un piccolo scarto dell’auto verso la sinistra per evitarlo.

Ma è da escludersi che tale investimento, con il successivo rialzarsi da terra del pedone ed il dirigersi verso l’opposta corsia, abbia avuto incidenza causale rispetto al secondo mortale investimento. Quest’ultimo si verificò non con immediatezza rispetto al primo, ma a distanza di tempo apprezzabile, quantificabile in qualche minuto; il pedone ebbe il tempo di rialzarsi, di parlare con il Ve. che si era fermato con l’auto nell’opposta corsia, di lamentarsi con lui del male alla schiena che avvertiva, e di dirigersi verso lo stesso Ve..

Né appare rilevante, in punto di nesso di causalità rispetto al secondo investimento (come si sostiene da parte Ba.), che l’In. dopo il primo investimento non abbia arrestato l’auto immediatamente, ma a distanza di circa 170 metri, così omettendo di soccorrere prontamente l’investito, e di azionare nel punto dell’investimento le luci di emergenza del veicolo. Infatti, quand’anche si fosse arrestato prima, non avrebbe avuto a disposizione il tempo necessario per soccorrere proficuamente il pedone sottraendolo al secondo investimento.

Alla stregua delle suesposte considerazioni, si deve dunque ritenere che il Ba. con la propria condotta e l’investimento che ne è conseguito, abbia posto in essere una “serie causale autonoma”, da sola sufficiente a provocare l’evento mortale per cui è causa (cfr. Cass. 8096/2006 e Cass. 15789/2003).

  1. In relazione alla quantificazione del danno questo Giudice, come in generale questo Tribunale, aderisce alla impostazione dogmatica delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass., Sez. Un., 26972-2008), le quali, come è noto, hanno stabilito che: 1) tutti i danni i danni si dividono in patrimoniali e non patrimoniali, e non esistono tertia genera; 2) il danno non patrimoniale di cui all’art. 2059c.c. ha natura omnicomprensiva; 3) anche quando l’illecito non integri gli estremi di un reato, il danno non patrimoniale è sempre risarcibile nel caso di offesa ai dritti della persona di rilievo costituzionale.

Con particolare riguardo alla figura del “danno da perdita del rapporto parentale”, la Suprema Corte ha evidenziato che “la perdita di una persona cara implica necessariamente una sofferenza morale, la quale non costituisce un danno autonomo, ma rappresenta un aspetto – del quale tenere conto, unitamente a tutte le altre conseguenze, nella liquidazione unitaria ed omnicomprensiva – del danno non patrimoniale. Ne consegue che è inammissibile, costituendo una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione, al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza di un fatto illecito costituente reato, del risarcimento a titolo di danno da perdita del rapporto parentale, del danno morale (inteso quale sofferenza soggettiva, ma che in realtà non costituisce che un aspetto del più generale danno non patrimoniale)”.

Ritiene questo Giudice di potersi attenere al criterio equitativo di liquidazione del danno per morte di un prossimo congiunto di cui alle tabelle elaborate presso il Tribunale di Milano per l’anno 2011, quale valido criterio per il risarcimento del danno non patrimoniale (si parla al riguardo di valutazione equitativa tabellata).

Quanto ai rapporti familiari, anzitutto occorre aver riguardo all’incidenza che la perdita dell’attore non può non aver avuto sulla vita di Pa. El. e Bi. Si., moglie e figlio di Bi. Fe. (col quale convivevano); costoro all’epoca del sinistro avevano rispettivamente 62 e 26 anni.

Dall’istruttoria espletata è emerso un concreto cambiamento in senso peggiorativo delle abitudini di vita degli attori: in particolare la Signora Pa., dopo la morte del marito, come hanno affermato ai testi, “va solo a messa o al cimitero” ..”parla in continuazione del marito”, “è sempre in lacrime a ricordare il suo passato con il marito” (dichiarazioni testi Be. e Pa.); il sig. Bi. ha diminuito le proprie occasioni di svago e di frequentazione degli amici passando gran parte del tempo libero in compagnia della madre (teste Be.).

Orbene, tenuto conto dell’età di Bi. Fe. – anni 64 all’epoca del tragico evento – e della qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale tra gli attori e la persona perduta, visti i criteri di cui alle tabelle elaborate presso il Tribunale di Milano per l’anno 2011, stimasi equo liquidare le seguenti somme, a titolo del complessivo danno non patrimoniale subito:

  1. in favore di Pa. El., la somma rivalutata di Euro 260.000,00;
  2. in favore di Bi. Si., la somma rivalutata di Euro 230.000,00.

Pa. El. – come accertato mediante apposita CTU (alla quale questo Giudice ritiene senz’altro di poter aderire condividendo tanto le argomentazioni, quanto le conclusioni cui il perito è pervenuto con metodo corretto, immune da vizi logici o di qualsivoglia altra natura) – “a seguito del decesso del marito ha sviluppato un disturbo dell’adattamento a carattere permanente con depressione dell’umore di grado lieve valutabile, quale esclusivo danno alla salute in misura del 6%”.

Per la liquidazione del danno è necessario prendere a riferimento quale parametro di commisurazione equitativa, trattandosi nella fattispecie di lesioni all’integrità psicofisica non superiore al 9%, l’art. 139 D.Lgs. n. 209 del 2005 (cfr. Tribunale Macerata, sez. Civitanova, sentenza 14.06.2011 in www.altalex.com).

Tanto premesso, a titolo di “danno biologico iure proprio”, spettano dunque all’attrice Euro 5.729,23.

Considerato che la morte di Bi. Fe. è intervenuta immediatamente a seguito dell’investimento sopra descritto (cfr. pag. 5 atto di citazione) non è invece dovuto il c.d danno biologico iure hereditatis e ciò alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale per il riconoscimento di detta voce di danno è condizione necessaria che sia intercorso un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni subite dalla vittima del danno e la morte causata dalle stesse; cfr. Cass. 5136/1998:”La lesione dell’integrità fisica con esito letale, intervenuto immediatamente o a breve distanza di tempo dall’evento lesivo, non è configurabile quale danno biologico, dal momento che la morte non costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute ma incide sul diverso bene giuridico della vita, la cui perdita, per il definitivo venir meno del soggetto, non può tradursi nel contestuale acquisto al patrimonio della vittima di un corrispondente diritto al risarcimento, trasferibile agli eredi, non rilevando in contrario la mancanza di tutela privatistica del diritto alla vita (peraltro protetto con lo strumento della sanzione penale), attesa la funzione non sanzionatoria ma di reintegrazione e riparazione di effettivi pregiudizi svolta dal risarcimento del danno, e la conseguente impossibilità che, con riguardo alla lesione di un bene intrinsecamente connesso alla persona del suo titolare e da questi fruibile solo in natura, esso operi quando tale persona abbia cessato di esistere”; Cass. 6404/1998:”Il pregiudizio della salute nell’intervallo di tempo intercorso tra le lesioni e la morte intanto può dar luogo a risarcimento del danno trasmissibile agli eredi, in quanto il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile che consenta di configurare un’effettiva ripercussione delle lesioni sulla sua complessiva qualità della vita”.

Quanto ai danni patrimoniali subiti da Bi. Si. risultano documentate spese funerarie per Euro 1.510,00.

In definitiva per i danni subiti in relazione alla vicenda per cui è causa, a Pa. El. spettano Euro 265.729,23 (Euro 260.000,00 più Euro 5.729,23), mentre a Bi. Si. vanno riconosciuti Euro 231.510,00 (Euro 230.000,00 più Euro 1.510,00).

Da detti importi, deve essere detratto (pro quota: al 50%) l’acconto versato da Nationale Suisse Assicurazioni spa prima dell’introduzione del presente giudizio (in data 18-6-2004), per l’ammontare complessivo di Euro 67.000,00, pari ad Euro 77.787,00, rivalutati alla data odierna.

Risulta quindi che sono ancora dovuti a Pa. El., l’importo di Euro 226.835,73 ed a Bi. Si. quello di Euro 192.616,5.

Sugli importi predetti devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell’equivalente pecuniario del bene perduto.

Gli interessi compensativi – secondo il noto indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v. sentenza n. 1712/1995) – decorrono dal momento della produzione dell’evento dannoso sino a quello del versamento dell’acconto e, poi, da tale data fino alla presente decisione; per ciascuno di questi periodi, gli interessi compensativi si possono calcolare applicando un tasso annuo medio ponderato sul danno rivalutato.

Tale tasso di interesse è ottenuto “ponderando” l’interesse legale sulla somma sopra liquidata, che – “devalutata” alla data del fatto illecito, in base agli indici I.S.T.A.T. costo vita – si incrementa mese per mese, mediante gli stessi indici di rivalutazione, sino alla data dell’acconto e poi, detratto quest’ultimo, fino alla data della presente sentenza.

Da oggi, giorno della liquidazione, all’effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulle somme ancora dovute.

  1. In conclusione Ba. Al. e Nationale Suisse Compagnia Italiana di Assicurazioni spa devono essere condannati al pagamento in solido in favore di Pa. El. di Euro 226.835,73; in favore di Bi. Si. di Euro 192.616,5; oltre interessi nei termini sopra descritti.

Deve trovare, altresì, accoglimento la domanda di Ba. Al. di rilevazione nei confronti della propria compagnia assicurativa, Nationale Suisse Compagnia Italiana di Assicurazioni spa, domanda formulata in comparsa di costituzione e risposta.

Conseguentemente Nationale Suisse Compagnia Italiana di Assicurazioni spa va condannata a tenere indenne il proprio assicurato da tutte le somme, per capitale, interessi e spese poste a carico di quest’ultimo con la presente sentenza.

Ogni altra domanda e questione risulta assorbita.

  1. In ragione della soccombenza le spese di lite sostenute da parte attrice (liquidate come in dispositivo) e le spese di CTU (già liquidate) vengono poste a carico dei convenuti Ba. e Nationale Suisse Compagnia Italiana di Assicurazioni spa, in solido.

Le spese di lite sostenute da Ba. Al. (liquidate come in dispositivo) vengono poste a carico di Nationale Suisse Compagnia Italiana di Assicurazioni spa.

Quanto al rapporto processuale con i convenuti In. ed Assicurazioni Generali spa, le spese di lite devono essere compensate in ragione della obbiettiva complessità (in fatto, sotto il profilo della ricostruzione) della vicenda oggetto di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale di Pistoia in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, respinte ogni altra domanda, istanza ed eccezione, così provvede:

  1. accerta e dichiara che il sinistro per cui è causa è ascrivibile a responsabilità esclusiva di Ba. Al.;
  2.  

+Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2012.

 

 

Originally posted 2021-08-09 17:57:03.

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