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Sicchè, in assenza di impugnazione sulla spettanza ai nonni della vittima del sinistro del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale (diritto riconosciuto dal primo giudice, con conseguente liquidazione), essendosi l’appello incentrato soltanto sulla misura del quantum debeatur, con effetto di delimitarne l’ambito per il principio devolutivo, deve ritenersi che sul capo autonomo di decisione non impugnato – in quanto risolvente una questione, quella dell’esistenza del diritto al risarcimento, avente una propria individualità e risultando logicamente preliminare e indipendente rispetto al profilo dell’ammontare risarcitorio (cfr., in tale prospettiva, Cass., 19 febbraio 2009, n. 4054, in ordine all’esistenza del giudicato sulla statuizione autonoma, ex art. 278 c.p.c., contenente l’accertamento dell’obbligo risarcitorio in via strumentale rispetto alla successiva determinazione del quantum) – si era formato il giudicato interno, che la pronuncia della Corte territoriale, decidendo nuovamente sulla medesima questione ormai preclusa, ha violato.

  1.  

 

INCIDENTE GRAVE RISARCIMENTO ALLA PERSONA

INCIDENTE GRAVE RISARCIMENTO ALLA PERSONA

 

 

 

A seguito del decesso della quindicenne P.C., avvenuto a causa delle gravissime lesioni subite in conseguenza del sinistro stradale verificatosi in data (OMISSIS), in località Marina di Ravenna, i genitori della vittima, P.D. e L. N., in proprio e nella qualità di esercenti la potestà sui figli minori P.A. e P.B., nonchè i nonni della stessa vittima, P.G. e B.M., convennero in giudizio D.P.F. e M. M., con le rispettive compagnie assicuratrici, S.I.A.T. Società Italiana Assicurazioni e Riassicurazioni S.p.A. e Nuova Maa Assicurazioni S.p.A., per ottenere la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti.

Instauratosi il contraddittorio ed esaurita l’istruzione della causa, l’adito Tribunale di Ravenna, con sentenza del 19 aprile 2005, riconobbe una concorrente responsabilità tra i convenuti nella causazione del sinistro e condannò le compagnie assicuratrici, in solido con i rispettivi assicurati, al pagamento del risarcimento del danno, liquidato nel complessivo importo di Euro 1.755.003, oltre al pagamento delle spese di lite.

incidente-MORTALE-MORTI INCIDENTE DANNO

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LA CORTE SUPREMA

 

La Corte di appello di Bologna avrebbe errato nel liquidare il danno facendo riferimento ai parametri tabellari vigenti all’epoca del sinistro, anzichè a quelli in uso al momento della liquidazione del danno, cosi discostandosi dal consolidato orientamento giurisprudenziale, in forza del quale la liquidazione dell’indennizzo deve essere disposta con riferimento al momento di precisazione del quantum debeatur.

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Peraltro, l’applicazione dei parametri tabellari vigenti al momento della liquidazione sarebbe stata tanto più necessaria in considerazione del fatto che le tabelle risalenti al tempo del sinistro, occorso nel maggio del 2000, non potevano tener conto, in quanto precedenti alle note pronunce delle Sezioni Unite del 2008, dell’intervenuto mutamento giurisprudenziale in ordine al principio di integralità del danno non patrimoniale, inteso quale categoria di danno unitaria, onnicomprensiva delle diverse voci in precedenza autonomamente liquidate mediante il vecchio sistema tabellare e, successivamente, ricomprese nell’ambito di un’unica tabella, nella quale sono attualmente ricompresi i vari aspetti pregiudizievoli che configurano il danno non patrimoniale.

incidenteInoltre, il giudice di appello non avrebbe fatto applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano, discostandosi da tali criteri di valutazione equitativa senza fornire alcuna specifica motivazione al riguardo, a nulla ostando il fatto che gli odierni ricorrenti non si fossero specificamente doluti della mancata liquidazione del danno in base ai parametri milanesi, non incombendo tale onere sugli appellati, che in secondo grado si limitavano a chiedere il rigetto dell’appello e, quindi, la conferma della liquidazione effettuata dal giudice di prime cure, il quale aveva adottato i parametri milanesi, per poi operare l’incremento in ragione della particolarità del caso specifico.

La Corte territoriale avrebbe poi erroneamente motivato nell’escludere che le argomentazioni addotte dal Tribunale, ai fini del superamento dei limiti edittali delle tabelle in base alle quali parametrare la liquidazione in via equitativa del danno patrimoniale, ossia “la giovane età e l’occupazione della vittima, studentessa quindicenne”, potessero costituire “ragioni specifiche”, idonee a giustificare il giudizio di personalizzazione attuato dal Tribunale di Ravenna.

1.1. – Il motivo è fondato per quanto di ragione.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, se le “tabelle” applicate per la liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un prossimo congiunto cambino nelle more tra l’introduzione del giudizio e la sua decisione, il giudice (anche d’appello) ha l’obbligo di utilizzare i parametri vigenti al momento della decisione (Cass., 11 maggio 2012, n. 7272).

Nella specie, la Corte territoriale ha effettuato la riliquidazione del danno non patrimoniale, già determinato dal primo giudice, in base a “parametri” di cui non da specifica contezza (non emergendo dalla motivazione in cosa essi effettivamente consistano e in che modo siano stati applicati, nè se si tratti delle c.d. tabelle del Tribunale di Milano o di altro ufficio giudiziario), assumendo, dapprima, corretto il riferimento ai valori “edittali minimi e massima… all’epoca del decesso” della vittima e, poi, richiamando genericamente i valori massimi “al tempo della liquidazione” (di primo grado), indicati in Euro 158.322 per ciascun genitore e in Euro 34.651 per ciascuno dei fratelli, ma per giungere, infine, ad una complessiva liquidazione, in favore dei due genitori e dei due germani della vittima del sinistro, di Euro 315.038,70 (inferiore, dunque, alla stessa sommatoria delle predette cifre in rapporto ai danneggiati risarciti), “da rivalutare… con decorrenza dal sinistro al saldo”.

Dunque, risulta evidente che la Corte territoriale è incorsa, anzitutto, nell’errore di determinare il danno in base a “parametri” (le c.d. tabelle) vigenti all’epoca del sinistro (maggio 2000), i quali, peraltro, erano stati elaborati, evidentemente, senza tenere conto dei principi affermati nel 2008 dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr., segnatamente, Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972) al fine di poter stimare “equo” il valore per la liquidazione del danno non patrimoniale c.d. da perdita del rapporto parentale.

 

CONCLUSIONI

La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione e la causa (che, all’evidenza, non consente di pervenire ad una decisione nel merito, come richiesto dai ricorrenti) va rinviata alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, che, al fine di procedere nuovamente alla delibazione dell’appello avverso la sentenza del Tribunale di Ravenna, si atterrà ai principi ed ai rilievi di cui ai pp. 1.1. e 2.1. che precedono.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26409/2011 proposto da:

P.D. ((OMISSIS)), L.N. ((OMISSIS)), P.G. ((OMISSIS)), B.M. ((OMISSIS)), P.B. ((OMISSIS)) e P.A. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI SAVORELLI 11, presso lo studio dell’avvocato ANNA CHIOZZA, rappresentati e difesi dall’avvocato MAGLIONI MARCO, giusta procura speciale a margine del ricorso per i primi cinque ricorrenti, giusta procura speciale per atto pubblico del 9.12.2010 a ministero del consolato Generale d’Italia in Barcellona (Spagna) per il sesto ricorrente;

– ricorrenti –

contro

SIAT ITALIANA ASSICURAZIONI RIASSICURAZIONI S.P.A. ((OMISSIS)), in persona del legale rappresentante Dott. F.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIO DE’ CAVALIERI 11, presso lo studio dell’avvocato CARDIA MARCO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

MILANO ASSICURAZIONI S.P.A., D.P.F. e M. M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 952/2010 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 08/09/2010, R.G.N. 1180/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/02/2015 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato ANNA CHIOZZA per delega;

udito l’Avvocato LORETA UTTARO per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del 1 e 2 motivo del ricorso, con assorbimento del 3 motivo.

Svolgimento del processo

  1. – A seguito del decesso della quindicenne P.C., avvenuto a causa delle gravissime lesioni subite in conseguenza del sinistro stradale verificatosi in data (OMISSIS), in località Marina di Ravenna, i genitori della vittima, P.D. e L. N., in proprio e nella qualità di esercenti la potestà sui figli minori P.A. e P.B., nonchè i nonni della stessa vittima, P.G. e B.M., convennero in giudizio D.P.F. e M. M., con le rispettive compagnie assicuratrici, S.I.A.T. Società Italiana Assicurazioni e Riassicurazioni S.p.A. e Nuova Maa Assicurazioni S.p.A., per ottenere la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti.

Instauratosi il contraddittorio ed esaurita l’istruzione della causa, l’adito Tribunale di Ravenna, con sentenza del 19 aprile 2005, riconobbe una concorrente responsabilità tra i convenuti nella causazione del sinistro e condannò le compagnie assicuratrici, in solido con i rispettivi assicurati, al pagamento del risarcimento del danno, liquidato nel complessivo importo di Euro 1.755.003, oltre al pagamento delle spese di lite.

  1. – Avverso tale sentenza proponevano congiuntamente appello le Compagnie assicuratrici, “limitatamente alla quantificazione del danno morale, con unico articolato motivo assumendolo liquidato per ciascuno dei parenti in misura ragguardevolmente eccedente quella massima adottata” dalla Corte di appello adita.

Disposta la parziale sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata, la Corte di appello di Bologna, con sentenza resa pubblica il 25 maggio 2010, in parziale riforma della sentenza impugnata, liquidava il complessivo risarcimento spettante agli appellati P.D. e L.N., in proprio e nella qualità di esercenti la potestà sulla figlia minore F. B., nonchè P.A. (nelle more divenuto maggiorenne) nell’ammontare di Euro 315.038,70, “da rivalutare mediante applicazione degli indici Istat… con decorrenza dal sinistro al saldo, oltre interessi sulle somme annualmente rivalutate”.

  1. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono congiuntamente P.D., L.N., P.A., P.B. (divenuta, nel frattempo, maggiorenne), P.G. e B. M., affidando le sorti dell’impugnazione a tre motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la S.I.A.T. Società Italiana Assicurazioni e Riassicurazioni S.p.A..

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati Milano Assicurazioni S.p.A., D.P.F. e M. M..

Motivi della decisione

  1. – Con il primo mezzo è denunciata, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 12262056c.c., artt. 332 e 111 Cost., nonchè dedotto vizio di motivazione.

La Corte di appello di Bologna avrebbe errato nel liquidare il danno facendo riferimento ai parametri tabellari vigenti all’epoca del sinistro, anzichè a quelli in uso al momento della liquidazione del danno, cosi discostandosi dal consolidato orientamento giurisprudenziale, in forza del quale la liquidazione dell’indennizzo deve essere disposta con riferimento al momento di precisazione del quantum debeatur.

Peraltro, l’applicazione dei parametri tabellari vigenti al momento della liquidazione sarebbe stata tanto più necessaria in considerazione del fatto che le tabelle risalenti al tempo del sinistro, occorso nel maggio del 2000, non potevano tener conto, in quanto precedenti alle note pronunce delle Sezioni Unite del 2008, dell’intervenuto mutamento giurisprudenziale in ordine al principio di integralità del danno non patrimoniale, inteso quale categoria di danno unitaria, onnicomprensiva delle diverse voci in precedenza autonomamente liquidate mediante il vecchio sistema tabellare e, successivamente, ricomprese nell’ambito di un’unica tabella, nella quale sono attualmente ricompresi i vari aspetti pregiudizievoli che configurano il danno non patrimoniale.

Inoltre, il giudice di appello non avrebbe fatto applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano, discostandosi da tali criteri di valutazione equitativa senza fornire alcuna specifica motivazione al riguardo, a nulla ostando il fatto che gli odierni ricorrenti non si fossero specificamente doluti della mancata liquidazione del danno in base ai parametri milanesi, non incombendo tale onere sugli appellati, che in secondo grado si limitavano a chiedere il rigetto dell’appello e, quindi, la conferma della liquidazione effettuata dal giudice di prime cure, il quale aveva adottato i parametri milanesi, per poi operare l’incremento in ragione della particolarità del caso specifico.

La Corte territoriale avrebbe poi erroneamente motivato nell’escludere che le argomentazioni addotte dal Tribunale, ai fini del superamento dei limiti edittali delle tabelle in base alle quali parametrare la liquidazione in via equitativa del danno patrimoniale, ossia “la giovane età e l’occupazione della vittima, studentessa quindicenne”, potessero costituire “ragioni specifiche”, idonee a giustificare il giudizio di personalizzazione attuato dal Tribunale di Ravenna.

1.1. – Il motivo è fondato per quanto di ragione.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, se le “tabelle” applicate per la liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un prossimo congiunto cambino nelle more tra l’introduzione del giudizio e la sua decisione, il giudice (anche d’appello) ha l’obbligo di utilizzare i parametri vigenti al momento della decisione (Cass., 11 maggio 2012, n. 7272).

Nella specie, la Corte territoriale ha effettuato la riliquidazione del danno non patrimoniale, già determinato dal primo giudice, in base a “parametri” di cui non da specifica contezza (non emergendo dalla motivazione in cosa essi effettivamente consistano e in che modo siano stati applicati, nè se si tratti delle c.d. tabelle del Tribunale di Milano o di altro ufficio giudiziario), assumendo, dapprima, corretto il riferimento ai valori “edittali minimi e massima… all’epoca del decesso” della vittima e, poi, richiamando genericamente i valori massimi “al tempo della liquidazione” (di primo grado), indicati in Euro 158.322 per ciascun genitore e in Euro 34.651 per ciascuno dei fratelli, ma per giungere, infine, ad una complessiva liquidazione, in favore dei due genitori e dei due germani della vittima del sinistro, di Euro 315.038,70 (inferiore, dunque, alla stessa sommatoria delle predette cifre in rapporto ai danneggiati risarciti), “da rivalutare… con decorrenza dal sinistro al saldo”.

Dunque, risulta evidente che la Corte territoriale è incorsa, anzitutto, nell’errore di determinare il danno in base a “parametri” (le c.d. tabelle) vigenti all’epoca del sinistro (maggio 2000), i quali, peraltro, erano stati elaborati, evidentemente, senza tenere conto dei principi affermati nel 2008 dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr., segnatamente, Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972) al fine di poter stimare “equo” il valore per la liquidazione del danno non patrimoniale c.d. da perdita del rapporto parentale.

Inoltre, la motivazione della sentenza impugnata omette non solo di specificare (come detto) quali “parametri” (o tabelle) abbia in effetti adottato il giudice di merito ai fini della disposta liquidazione, ma anche di come, ai medesimi fini, abbiano potuto operare, in concreto e rispetto a detti parametri, le uniche circostanze di fatto – giovane età della vittima e “insorgenza improvvisa della incolpevole causa esiziale” – che la stessa Corte territoriale ha individuato come idonee “a legittimare l’equitativa liquidazione per ciascuno dei componenti del nucleo familiare del danno nella misura massima”.

  1. – Con il secondo mezzo è prospettata, in relazione all’art. 360c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione delle norme di cui all’art. 112c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2, e art. 346 c.p.c..

Il giudice di appello sarebbe incorso nel vizio di ultrapetizione, in violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo escluso la legittimazione attiva dei nonni della vittima del sinistro, F.G. e B.M., senza che vi fosse sul punto motivo di gravame, giacchè le società appellanti avevano censurato soltanto l’ammontare della liquidazione del danno effettuata dal primo giudice anche in favore dei predetti nonni. Sicchè, la mancata impugnazione della sentenza sul punto avrebbe comportato, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., acquiescenza, implicandone il passaggio in giudicato.

2.1. – Il motivo è fondato.

Emerge dalla stessa sentenza impugnata in questa sede (p. 3) che le appellanti compagnie assicuratrici proponevano, avverso la decisione di primo grado, impugnazione “limitatamente alla quantificazione del danno morale, con unico articolato motivo assumendolo liquidato per ciascuno dei parenti in misura ragguardevolmente eccedente quella massima adottata” dalla medesima Corte di appello adita. Peraltro, in tal senso depongono i richiami all’atto di appello effettuati con il ricorso, là dove la stessa controricorrente non deduce affatto che vi fosse specifico motivo di impugnazione anche sull’an debeatur.

Inoltre, si evince chiaramente dal dispositivo della sentenza di secondo grado che il risarcimento del danno è stato riconosciuto e liquidato soltanto in favore dei genitori e dei germani della vittima del sinistro, là dove in motivazione si assume che non vi era ragione “di estendere il risarcimento agli avi, pare non conviventi” (p. 5).

Sicchè, in assenza di impugnazione sulla spettanza ai nonni della vittima del sinistro del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale (diritto riconosciuto dal primo giudice, con conseguente liquidazione), essendosi l’appello incentrato soltanto sulla misura del quantum debeatur, con effetto di delimitarne l’ambito per il principio devolutivo, deve ritenersi che sul capo autonomo di decisione non impugnato – in quanto risolvente una questione, quella dell’esistenza del diritto al risarcimento, avente una propria individualità e risultando logicamente preliminare e indipendente rispetto al profilo dell’ammontare risarcitorio (cfr., in tale prospettiva, Cass., 19 febbraio 2009, n. 4054, in ordine all’esistenza del giudicato sulla statuizione autonoma, ex art. 278 c.p.c., contenente l’accertamento dell’obbligo risarcitorio in via strumentale rispetto alla successiva determinazione del quantum) – si era formato il giudicato interno, che la pronuncia della Corte territoriale, decidendo nuovamente sulla medesima questione ormai preclusa, ha violato.

  1. – Con il terzo mezzo è dedotto vizio di motivazione.

Sarebbe viziata la motivazione della sentenza impugnata là dove ha ritenuto che non vi fosse alcuna ragione per estendere il risarcimento del danno a P.G. e B.M., nonni di P.C., in quanto non contestata in primo grado la circostanza che gli stessi non fossero conviventi con la nipote.

3.1. – La censura, che attiene allo stesso thema decidendam esaminato con il secondo motivo, è assorbita dall’accoglimento di detto mezzo.

  1. – Vanno, dunque, accolti i primi due motivi del ricorso e dichiarato assorbito il terzo.

La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione e la causa (che, all’evidenza, non consente di pervenire ad una decisione nel merito, come richiesto dai ricorrenti) va rinviata alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, che, al fine di procedere nuovamente alla delibazione dell’appello avverso la sentenza del Tribunale di Ravenna, si atterrà ai principi ed ai rilievi di cui ai pp. 1.1. e 2.1. che precedono.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo motivo;

cassa in relazione e rinvia alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 febbraio 2015.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2015

 

 

Originally posted 2021-08-09 10:56:00.

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