STATO EBREZZA GUIDA CASS ELEMENTI INDIZIARI
risarcimento-errore-medico- MALASANITA’
Nel procedere alla riqualificazione, il Tribunale ha fatto riferimento a canoni ermeneutici più volte ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità secondo i quali il decorso di un intervallo temporale di alcune ore tra la condotta di guida incriminata e l’esecuzione del test alcolemico rende necessario, ai fini della sussunzione del fatto in una delle due ipotesi di rilievo penale (citato art. 186, comma 2, lett. b) e lett. c)), verificare la presenza di altri elementi indiziari (Sez. 4, n. 42004 del 19/09/2019, Milutinovic, Rv. 277689; Sez. 4, n. 47298 del 11/11/2014, Ciminari, Rv. 261573; Sez. 4, n. 13999 del 11/03/2014, Pittiani, Rv. 259694; Sez. 4, n. 21991 del 28/11/2012, dep. 2013, Ghio, Rv. 256191). Tali elementi indiziari sono stati individuati dalle sentenze di primo e secondo grado nelle condizioni in cui l’imputato versava al momento dell’intervento degli operanti (“alito vinoso, occhi lucidi, andamento barcollante”) e nella condotta di guida assolutamente irregolare, consistita nell’imboccare una strada in senso contrario di marcia nonostante la sicura conoscenza dei luoghi (prossimi alla sua abitazione), nell’addormentarsi al volante e nel finire a sbattere contro una autovettura in sosta.
, essendo trascorse circa tre ore tra il momento della guida e l’accertamento con alcoltest (che rilevò un tasso discendente: 1,84 g/l alla prima prova, 1,67 g/l alla seconda prova), non si sarebbe raggiunta la prova del superamento, al momento della guida, del limite di 0,8 g/l che fissa la soglia della rilevanza penale del fatto. Osserva che i giudici di merito hanno ritenuto inattendibile l’accertamento etilomeltrico con riferimento all’entità del tasso accertato (e infatti il fatto è stato diversamente qualificato come violazione dell’art. 186, comma 2, lett. b), ma non hanno tratto da tale ritenuta inattendibilità le conseguenze dovute perchè hanno comunque ritenuto superati i limiti previsti dal citato art. 186, comma 2, lett. a), e hanno desunto tale superamento da elementi sintomatici descritti dagli operanti rilevati anch’essi a distanza di tre ore dalla guida.
EREDE RISOLVI ADESSO SUCCESSIONE LITE EREDITARIA BOLOGNA PADOVA RAVENNA VICENZA
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EREDE RISOLVI ADESSO SUCCESSIONE LITE EREDITARIA BOLOGNA PADOVA RAVENNA VICENZA AVVOCATO SERGIO ARMAROLI 051 6447838
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Sentenza 6 maggio 2022, n. 18058 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BRUNO Mariarosaria – Presidente – Dott. VIGNALE Lucia – rel. Consigliere – Dott. BELLINI Ugo – Consigliere – Dott. D’ANDREA Alessandro – Consigliere – Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere – ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: C.G., nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 14/01/2022 della CORTE APPELLO di MILANO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIA VIGNALE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. CARDIA Delia, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, in persona dell’avvocato FABRIZIO NATALIZI del foro di COMO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso. Svolgimento del processo 1. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 14 gennaio 2022, ha confermato la sentenza emessa in data 11 dicembre 2020 dal Tribunale di Como con la quale, previa riqualificazione del fatto (contestato in origine quale violazione del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2, lett. c) e comma 2 bis), C.G. è stato ritenuto responsabile del reato di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 2, lett. b) e comma 2 bis, commesso il (OMISSIS) e condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi due di arresto ed Euro 800,00 di ammenda con applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anni uno. 2. Il 23 marzo 2022, per mezzo del proprio difensore, l’imputato ha proposto ricorso censurando la sentenza impugnata per mancanza contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione rilevante ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), e inosservanza o erronea applicazione dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b). Sostiene, in particolare, che, essendo trascorse circa tre ore tra il momento della guida e l’accertamento con alcoltest (che rilevò un tasso discendente: 1,84 g/l alla prima prova, 1,67 g/l alla seconda prova), non si sarebbe raggiunta la prova del superamento, al momento della guida, del limite di 0,8 g/l che fissa la soglia della rilevanza penale del fatto. Osserva che i giudici di merito hanno ritenuto inattendibile l’accertamento etilomeltrico con riferimento all’entità del tasso accertato (e infatti il fatto è stato diversamente qualificato come violazione dell’art. 186, comma 2, lett. b), ma non hanno tratto da tale ritenuta inattendibilità le conseguenze dovute perchè hanno comunque ritenuto superati i limiti previsti dal citato art. 186, comma 2, lett. a), e hanno desunto tale superamento da elementi sintomatici descritti dagli operanti rilevati anch’essi a distanza di tre ore dalla guida. Motivi della decisione 1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi. 2. Il vizio di motivazione di cui il ricorrente si duole riguarda l’accertamento dello stato di ebbrezza quando i rilievi con etilometro siano stati effettuati dopo un rilevante arco di tempo dal momento in cui la guida ha avuto termine; momento che coincide, nel caso di specie, con un sinistro nel quale il conducente fu coinvolto. Le sentenze di merito danno atto che l’incidente si verificò intorno alle 20:00 del (OMISSIS) e il test con etilometro, eseguito tra le 22:55 e le 23:00, rilevò una concentrazione di alcol nel sangue pari a 1,84 g/l alla prima prova e 1,67 g/l alla seconda prova. Non è controverso, pertanto, che la guida ebbe termine circa tre ore prima dell’accertamento ed è proprio hn ragione di tale circostanza che il giudice di primo grado, dubitando dell’attendibilità del dato, ma valorizzando altri indici sintomatici dello stato di ebbrezza, ha derubricato la contestazione iniziale, qualificando il fatto come violazione dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b). 2.1. Nel procedere alla riqualificazione, il Tribunale ha fatto riferimento a canoni ermeneutici più volte ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità secondo i quali il decorso di un intervallo temporale di alcune ore tra la condotta di guida incriminata e l’esecuzione del test alcolemico rende necessario, ai fini della sussunzione del fatto in una delle due ipotesi di rilievo penale (citato art. 186, comma 2, lett. b) e lett. c)), verificare la presenza di altri elementi indiziari (Sez. 4, n. 42004 del 19/09/2019, Milutinovic, Rv. 277689; Sez. 4, n. 47298 del 11/11/2014, Ciminari, Rv. 261573; Sez. 4, n. 13999 del 11/03/2014, Pittiani, Rv. 259694; Sez. 4, n. 21991 del 28/11/2012, dep. 2013, Ghio, Rv. 256191). Tali elementi indiziari sono stati individuati dalle sentenze di primo e secondo grado nelle condizioni in cui l’imputato versava al momento dell’intervento degli operanti (“alito vinoso, occhi lucidi, andamento barcollante”) e nella condotta di guida assolutamente irregolare, consistita nell’imboccare una strada in senso contrario di marcia nonostante la sicura conoscenza dei luoghi (prossimi alla sua abitazione), nell’addormentarsi al volante e nel finire a sbattere contro una autovettura in sosta. Secondo la Corte territoriale, a ciò deve aggiungersi che C. fu trovato incosciente all’interno dell’auto e tali elementi, complessivamente valutati, “lasciano chiaramente intendere” che, durante la guida, egli si trovava in stato di alterazione conseguente alla assunzione di alcolici. 3. La sentenza impugnata non ignora l’ulteriore principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale, ai fini della prova dello stato di ebbrezza, deve essere motivato adeguatamente il valore scientifico dei risultati dell’alcoltest effettuato alcune ore dopo la condotta di guida incriminata (Sez. 4, n. 39725 del 06/06/2019, Angeli, Rv. 277618). Osserva infatti che, nel caso in esame, l’etilometro evidenziò un tasso alcolemico in discesa, coerente con una assunzione di alcolici avvenuta prima dell’incidente. Proprio su questa motivazione si appuntano i rilievi del ricorrente, il quale osserva: – che l’andamento generale dei tempi di assorbimento e smaltimento delle sostanze alcoliche ingerite – al netto delle variabili temporali determinate dalla situazione concreta che non sono in discussione – può essere determinato in linea generale dalla curva alcolimetrica (nota come “curva di Widmark”) nel senso che la concentrazione di alcol ha dapprima un andamento crescente e, dopo aver assunto il picco massimo di assorbimento, assume un andamento decrescente; – che, come risulta dalla sentenza impugnata, nel pomeriggio C. aveva partecipato a una festa, vi giunse verso le 14, mangiò qualche pezzo di carne grigliata e bevve due o tre bicchieri di vino, andandosene prima delle 20 perchè era particolarmente stanco; – che, secondo il teste B. (esaminato nel corso del giudizio di primo grado), C. bevve il vino intorno all’ora di cena, poco prima di andarsene; – che pertanto, al momento della guida, il tasso alcolemico era, del tutto ragionevolmente, in fase ascendente e potenzialmente inferiore a 0,8 g/l, sicchè la condotta posta in essere integra l’illecito amministrativo previsto dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a), e comma 2 bis. A sostegno di tali argomentazioni il ricorrente sottolinea che gli indici dell’evidente stato di alcolemia, furono riscontrati anch’essi circa tre ore dopo l’incidente (quando gli operanti intervennero) e, per questo, non potrebbero essere considerati sintomatici di uno stato preesistente. Rileva, inoltre, che la condotta di guida – ritenuta gravemente irregolare dai giudici di merito – si esaurì nell’accostarsi sul margine della carreggiata “andando a collidere, leggermente, con un’auto ivi parcheggiata” e nel rimanere a dormire in auto per tre ore: una condotta “compatibile con l’effetto combinato di uno stato di alcolemia compreso tra 0,5 e 0,8 g/l ed una forte spossatezza”. 4. Questa Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che “le tempistiche di assorbimento e di smaltimento delle sostanze alcoliche ingerite non costituiscono dati determinabili in astratto e validi per la generalità dei casi, ma, posto un andamento generale basato sulla nota “curva di Widmark” – secondo cui la concentrazione di alcol, in andamento crescente tra i 20 ed i 60 minuti dall’assunzione, assume un andamento decrescente dopo aver raggiunto il picco massimo di assorbimento in detto intervallo di tempo – variano da soggetto a soggetto, dipendendo da numerosi fattori che sfuggono alla possibilità di astratta previsione” (Sez. 4, n. 3862 del 10/11/2017; sez. 4 n. 4521 del 13/09/2018, non massimate). Dall’andamento, prima crescente, poi decrescente, di tale curva, dunque, non si può desumere che al momento dell’incidente il tasso alcolemico potesse essere in salita e ancora non superiore a 0,8 g/l. A ben guardare, anzi, i rilievi formulati dal ricorrente si esauriscono in una prospettazione dei fatti e in una valutazione delle emergenze istruttorie alternativa a quella fornita dai giudici di merito, i quali hanno addotto a sostegno delle proprie conclusioni motivazioni esenti da contraddittorietà, non illogiche e conformi ai principi di diritto sopra enunciati. Hanno osservato, infatti: che, tre ore dopo l’incidente, il tasso alcolemico era discendente, ma ancora superiore a 1,8 g/l, e ciò non consente di ipotizzare che il picco alcolemico fosse stato raggiunto da meno di tre ore; che una condotta di guida consistita nell’imboccare in senso di marcia non consentito la strada in cui si abita è sicuro indice di alterazione e non può essere spiegata con la stanchezza; che l’auto condotta da C. andò “a sbattere” contro un’auto in sosta danneggiandola (dunque non si “accostò” al margine della carreggiata) e tre ore dopo l’urto, egli fu trovarono incosciente all’interno del veicolo, fermo a venti metri dalla sua abitazione (dove avrebbe potuto andare a riposare se l’incidente fosse stato determinato dalla stanchezza). 5. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 14 aprile 2022. Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2022
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